Il raddoppio dei termini dell’azione accertatrice per i redditi generati da attività detenute in uno Stato extra UE
FISCALITÀ E COMMERCIO INTERNAZIONALE – n. 8-9/2017 – Chiara Garlati, Maria Danila Puorto – “Ad opinione dei giudici europei – chiamati ad esprimersi sull’applicabilità di una norma di diritto olandese – la disposizione di uno Stato membro che consente termini di accertamento maggiori di quelli ordinari (in relazione ad attività detenute in uno Stato extracomunitario, N.d.A.), pur teoricamente costituendo una restrizione incompatibile con la libertà di movimento di capitali
ex art. 63 del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea (c.d. TFUE), può tuttavia essere considerata legittimamente applicabile in forza dell’art. 64, par. 1, del Trattato medesimo a patto che la stessa sia già esistente alla data in entrata in vigore del Trattato
de quo, avvenuta il 31 dicembre 1993 (c.d. clausola di
standstill).
Espresso in termini sintetici l’oggetto della sentenza qui annotata, si rileva come la questione sottoposta al vaglio dei giudici europei riguardi un contribuente olandese che ha invocato l’incompatibilità dell’art. 16, commi 3 e 4, del codice tributario olandese – volto a prevedere un termine di dodici anni, in luogo dei cinque ordinariamente applicabili, per l’accertamentodi quegli elementi di reddito generati all’estero sui quali è stata prelevata un’imposta ridotta – con la summenzionata libertà fondamentale.”
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