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Applicazione del Coacervo ed Imposte di successione e donazione: soluzioni e dibattiti sollevati dalle recenti pronunce della Cassazione

Applicazione del Coacervo ed Imposte di successione e donazione: soluzioni e dibattiti sollevati dalle recenti pronunce della Cassazione

L’istituto del cosiddetto “coacervo” ed il conseguente impatto nel calcolo delle imposte di successione e donazione è stato oggetto, nell’ultimo anno, di particolare attenzione da parte dei giudici di legittimità i quali si sono espressi con ben tre sentenze (la n. 24940 del 06/12/2016, la n. 26050 del 16/12/2016 e la n. 11677 dell’11/05/2017) destinate a suscitare un acceso dibattito dottrinale.

Nelle prime due sentenze (in tema di imposte di successione) i giudici negano categoricamente la persistenza dell’istituto del coacervo fin dal 01/01/2001 e ciò in coerenza al susseguirsi normativo che avrebbe trasformato, fin dall’introduzione della Legge 342/2000, l’imposta in commento, originariamente a scaglioni, in un’imposta ad aliquote fisse.

Sempre a parere dei giudici di legittimità infatti, il coacervo, che comportava la riunione fittizia del valore attualizzato delle donazioni pregresse fatte in vita (il cd. donatum) con l’asse ereditario (il cd. Relictum), era specificatamente inserito nel D.Lgs 346/1990 (di seguito TUS) con l’unico obiettivo di evitare possibili arbitraggi (elusivi) con esclusivo riferimento alle aliquote applicabili. Tale presidio antielusivo deve oggi d’altronde confrontarsi con l’ampio rinnovamento operato dal Legislatore (lettera c), co. 1, dell’art. 69, L. n. 342/2000) per effetto del quale l’imposta sulle successioni e donazioni si presenta oggi con delle aliquote fisse in funzione al grado di parentela tra dante causa e avente causa.

Diretta conseguenza è che la riunione del “donatum” al “relictum” non è più necessaria, in quanto non esiste più alcuna aliquota d’imposta da determinare. Tale linea interpretativa non è di certo nuova a dottrina e Commissioni Tributarie, le quali sostengono da tempo che il coacervo delle donazioni ai fini successori non ha più motivo di esistere, né ai fini della determinazione delle aliquote (in quanto oggi fisse), né tantomeno ai fini del calcolo della capienza della franchigia (in quanto la norma non richiedeva la riunione fittizia per tale finalità).

In altre parole, la Legge n. 342/2000, avrebbe avuto come effetto una profonda modifica del sistema impositivo comportando un’abrogazione tacita dell’istituto del coacervo in ambito successorio a valere dal 1° gennaio 2001.

Va da sé che tale linea è apertamente criticata dall’Amministrazione Finanziaria secondo la quale (si veda la Circolare 3/E del 2008), l’istituto del coacervo troverebbe tuttora applicazione. Ad una più approfondita analisi, il supporto normativo sul quale l’Amministrazione pare rifarsi è la norma cui fa rimando il comma 47 dell’art. 2 del D.L. 03/10/2006, n. 262: “È istituita l’imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001, fatto salvo quanto previsto dai commi da 48 a 54”.

Ebbene l’Amministrazione sembra ignorare che il coacervo, nell’originario Testo Unico sull’imposta sulle Successioni e Donazioni, era disciplinato esclusivamente dall’art. 7, comma 2-quater e dall’art. 8, comma 4 del D. Lgs. 346/1990, e che oggi il primo riferimento normativo (art. 7, comma 2-quater) è stato abrogato esplicitamente ed il secondo (art. 8, comma 4) è oggetto di una abrogazione tacita.

Come evidente pertanto, la dottrina supportata da larghissima parte della giurisprudenza, rimangono su posizioni inconciliabili rispetto alle tesi dell’Amministrazione.

Da ultimo, l’11 maggio 2017 con la sentenza n. 11677 la Corte di Cassazione (stessa sezione tributaria come per le 2 precedenti sentenze in commento), seppure esclusivamente in tema di imposta di donazione, ha offerto un assist inatteso all’Amministrazione, dichiarando che “ … diversamente da quanto accade nell’ambito successorio …” l’istituto del coacervo nell’imposta di donazione è da considerarsi assolutamente esistente ed operante. La conclusione alla quale giunge la Corte sembra ignorare del tutto le due precedenti sentenze (n. 24940 del 06/12/2016, e n. 26050 del 16/12/2016) e sembra non fornire un supporto argomentativo adeguato.

Pertanto, in conclusione, i recenti contributi della Cassazione sembrano da una parte aver chiarito una volta per tutte l’inapplicabilità dell’istituto del coacervo ai fini successori mentre, in tema di imposta di donazione, la recente sentenza di maggio 2017 pare, a sorpresa, aprire ad una applicazione indiscriminata del coacervo.

La disparità di trattamento che ciò potrebbe sollevare (a seconda che i contribuenti siano alle prese con una successione, anziché con una semplice donazione) sarà inevitabilmente destinata a suscitare un acceso dibattito nonché, potenzialmente, un copioso contenzioso.

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