Con una sentenza destinata a sollevare fondate perplessità, la Corte di Cassazione nega il rimborso della ritenuta operata sui dividendi distribuiti da una società italiana ad una società lussemburghese adducendo quale motivo discriminante la circostanza che detti dividendi non sono stati assoggettati a tassazione in Lussemburgo.
Con la sentenza n. 32255 del 13 dicembre 2018, la Corte di Cassazione si è pronunciata in merito ai requisiti necessari per l’applicazione del regime previsto dalla Direttiva 90/435/CE (“Direttiva madre-figlia” o “la Direttiva”) ai dividendi distribuiti tra società appartenenti all’UE.
Nel caso di specie, la controversia traeva origine dal diniego di rimborso della ritenuta operata su dividendi distribuiti da una società italiana alla propria controllante residente in Lussemburgo.
Mentre in primo grado erano state accolte le ragioni del contribuente, la commissione regionale aveva ribaltato il verdetto argomentando che “essendo incontestato che i dividendi non erano sottoposti ad imposizione fiscale in Lussemburgo, non assoggettare gli stessi alle ritenute di imposta nel Paese di provenienza (l’Italia) equivaleva ad escludere la tassazione di tale componente del reddito di impresa”. Per tale motiva la CTR confermava il diniego di rimborso delle ritenute suddette.
Inopinatamente, la Corte di Cassazione faceva propria l’argomentazione della CTR. Secondo i Giudici, in particolare, il diniego del rimborso della ritenuta era giustificato dal fatto che in Lussemburgo i dividendi distribuiti dalla società italiana godevano di una specifica esenzione da tassazione, in virtù di una disposizione della locale normativa fiscale (la PEX lussemburghese).
A sostegno di questa conclusione la Corte affermava che “la circostanza che in Lussemburgo la società fosse soggetta all’imposta sui redditi non vale ad inficiare il ragionamento dei giudici di appello, poiché l’esenzione dei dividendi secondo la legge lussemburghese evita, comunque, che si possa verificare una doppia imposizione con l’effettuazione della ritenuta sui dividendi all’atto della distribuzione”.
Tale circostanza secondo la Corte era di ostacolo all’applicazione del regime della Direttiva madre-figlia.
Le argomentazioni della Corte sono errate per due ordini di motivi. La prima e più importante, è che la Direttiva, nonché la normativa di attuazione italiana (articolo 27-bis del D.p.R. n. 600/1973), stabiliscono assai chiaramente che la società che riceve il dividendo deve essere soggetta nello Stato di residenza, “senza fruire di regimi di opzione o di esonero che non siano territorialmente o temporalmente limitati, ad una delle imposte indicate nella predetta direttiva” (art. 27-bis, primo comma, lettera c).
Quindi è la società e non il dividendo a dover essere assoggettata alle imposte locali sui redditi. Qualora la società sia assoggetta alle imposte sui redditi, il regime comunitario è applicabile (al ricorrere delle ulteriori condizioni), a nulla rilevando che per effetto di una specifica disposizione il dividendo in quanto tale possa godere dell’esenzione.
La società lussemburghese in questione era assoggettata a tassazione sulla base della locale imposta sul reddito delle persone giuridiche e pertanto la condizione summenzionata doveva ritenersi soddisfatta.
Inoltre, la Corte sostiene che la finalità dell’articolo 27-bis è quella di evitare una doppia imposizione, e su ciò non si può che concordare. Tuttavia, questo principio viene declinato nel caso di specie affermando che “la sua applicazione non può risolversi nell’esclusione di ogni tassazione in ordine ai dividendi distribuiti alla società, avente sede legale in altro Stato dell’Unione, che già benefici dell’esonero della tassazione sui dividendi nel Paese di residenza”.
Nel caso in questione, tuttavia, l’esonero dalla ritenuta è proprio volto ad evitare la doppia tassazione del dividendo visto che il dividendo altro non è che l’utile già assoggettato a tassazione in capo alla società italiana, e la ritenuta grava sul soggetto percipiente ovvero la società lussemburghese. Pertanto, una corretta applicazione del principio sotteso all’articolo 27-bis richiede proprio l’esonero della ritenuta per evitare che lo stesso utile (dividendo) sia tassato in entrambi gli stati.
In conclusione, la sentenza in commento sembra errata nell’applicazione delle condizioni previste dall’articolo 27-bis e male interpretare il principio secondo cui tale disposizione è volta ad evitare fenomeni di doppia imposizione dei dividendi a livello comunitario.
di Elena Battiloro