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Dubbi sulla rivalutazione di partecipazioni disposte in trust

Dubbi sulla rivalutazione di partecipazioni disposte in trust
Con la risposta n. 401 del 3 agosto 2022 l’Agenzia delle Entrate si esprime, inter alia, in materia di redditi derivanti da partecipazioni, previamente rivalutate dal Disponente, disposte in Trust non commerciale.

Il Trust, nel caso in specie, si qualifica come “trasparente” ai fini fiscali in quanto l’atto istitutivo attribuisce al Beneficiario (che è anche Disponente) il diritto immediato ed attuale di ricevere dal Trustee i redditi maturati dal Trust.

Al riguardo viene precisato che:

  • I dividendi non sono assoggettati a ritenuta ai sensi dell’art. 27 del D.P.R. n. 600/1973 e devono essere imputati per trasparenza al Disponente/Beneficiario del Trust, in capo al quale concorreranno alla formazione del reddito imponibile soggetto alle aliquote Irpef progressive;
  • la plusvalenza realizzata a seguito della cessione della partecipazione costituisce un reddito diverso ai sensi dell’art. 67, comma 1, lettera c), del TUIR assoggettabile ad imposizione sostitutiva nella misura del 26% ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. n. 461/1997 in capo al Trust e, pertanto, non concorre alla formazione del reddito complessivo ai sensi dell’art.143 del TUIR

In merito al costo fiscale della partecipazione, l’Istante chiede però “se il Beneficiario “possa avvalersi, ai fini dell’assolvimento delle proprie obbligazioni fiscali conseguenti alla cessione, da parte del Trust”, della partecipazione in Alfa, del valore rideterminato anteriormente alla costituzione del Trust”.

L’Agenzia delle Entrate rileva che “Ai fini della determinazione della predetta plusvalenza, non potrà essere utilizzato il valore rideterminato ai sensi dell’articolo 5 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, della partecipazione in Alfa, da parte del Beneficiario anteriormente alla costituzione del Trust”.

A tale riguardo, è opportuno ricordare che la Circolare 48/2007 aveva precisato che “qualora il trasferimento dei beni in trust abbia ad oggetto titoli partecipativi il trustee acquisisce l’ultimo costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione. […]”.

Non è chiaro se la laconica affermazione contenuta nella Risposta in commento costituisca, dunque, una sorta di revirement dei principi già espressi in materia di costo fiscale con la Circolare n. 48/2007 (implicando così l’impossibilità per il Trustee di assumere il costo fiscale del disponente) o se, invece, l’Agenzia si sia limitata semplicemente a constatare che la plusvalenza è assoggettata ad imposta sostitutiva in capo al Trust e non sarà, dunque, il beneficiario a utilizzare il costo rivalutato non essendo quest’ultimo assoggettato a tassazione.

Tale seconda soluzione sembra certamente quella più coerente sia con la prassi precedente che, più in generale, con l’intero impianto normativo. Un’interpretazione diversa da quella fornita con la Circolare n. 48/2007 parrebbe, infatti, in contrasto con il principio, immanente dell’ordinamento tributario italiano, di generale continuità dei valori fiscali.

Inoltre, se non fosse stato possibile per il Trust prendere a riferimento il costo fiscale (rivalutato) del disponente, quale sarebbe il costo fiscale rilevante per il Trust?

Se l’Agenzia avesse voluto “disconoscere” il principio di continuità del costo fiscale in capo al Trust, avrebbe dovuto presumibilmente chiarire anche quale sarebbe il costo fiscale da assumere per il calcolo della plusvalenza realizzata da quest’ultimo.

  • Ivan Mastrototaro
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