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Entra in vigore il Decreto di recepimento della direttiva ATAD

Entra in vigore il Decreto di recepimento della direttiva ATAD

Il 12 gennaio è entrato in vigore il Decreto Legislativo n. 142 (il “Decreto”) che ha dato attuazione alla direttiva ATAD, pubblicato nella gazzetta ufficiale n. 300 del 28 dicembre 2018.

Il Decreto intervenendo sul Testo Unico delle Imposte sui redditi (TUIR) apporta importanti modifiche in materia di deducibilità degli interessi passivi, exit tax, valori fiscali di ingresso, CFC, dividendi e plusvalenze.

Deducibilità degli interessi

L’articolo 1 del Decreto modifica la disciplina della deducibilità degli interessi passivi contenuta nell’articolo 96 del TUIR innovando, in primo luogo, la definizione di ROL.

A differenza della “vecchia” formulazione, infatti, secondo la quale il ROL era assunto sulla base delle voci del conto economico nella loro quantificazione contabile (c.d. ROL contabile), la “nuova” definizione prevede che il ROL sia dato dalle stesse voci di conto economico ([1]) apportando tuttavia alle stesse le variazioni in aumento o diminuzione previste dalle disposizioni in materia di reddito di impresa (c.d. ROL fiscale). Ulteriore novità è l’inclusione nelle voci di conto economico dei componenti positivi e negativi di natura straordinaria derivanti da trasferimenti di azienda o di rami di azienda.

Sempre con riferimento alla nuova disciplina si segnalano le seguenti ulteriori modifiche:

  • riportabilità in avanti dell’eccedenza del ROL nel limite di 5 anni;
  • riportabilità in avanti senza limiti di tempo dell’eccedenza degli interessi attivi rispetto a quelli passivi;
  • estensione della normativa anche agli oneri finanziari assimilati agli interessi passivi capitalizzati (che in passato, invece, ne erano espressamente esclusi).

Exit Tax

Un’importante ulteriore novità è rappresentata dalla disciplina della c.d. exit tax contenuta nell’articolo 166 del TUIR, come emendato dall’articolo 2 del Decreto.

Giova preliminarmente ricordare che la c.d. exit tax consiste nell’applicazione dell’imposta sul reddito delle società (IRES) sulle plusvalenze non ancora realizzate relative ai componenti dell’azienda o del complesso aziendale (che non permangono in Italia sotto forma di stabile organizzazione) di un’impresa commerciale che decida di trasferire la sede all’estero perdendo la residenza fiscale in Italia.

Con la normativa in commento è stato sostituito il criterio del valore normale con quello del valore di mercato al fine della determinazione delle plusvalenze da sottoporre a tassazione. Queste ultime saranno ora calcolate sulla base della differenza tra il costo fiscale ed il valore di mercato del cespite.

La determinazione secondo il criterio del valore di mercato comporta la valorizzazione dei cespiti nell’ambito di un range di valori, che vanno da un minimo a un massimo, tutti validamente applicabili in relazione al caso di specie, determinati in base alla domanda ed offerta in un mercato di libera concorrenza.

Il precedente criterio dato dal valore normale comportava, invece, l’attribuzione di un valore preciso individuato in base alla media dei prezzi che sono praticati in un mercato in condizioni di libera concorrenza.

Un’ulteriore novità introdotta dall’articolo 2 del Decreto è rappresentata dall’abolizione della possibilità di sospendere l’imposta (rinviata al momento di effettivo realizzo delle plusvalenze) nel caso in cui il trasferimento avvenga in uno stato appartenente alla UE o allo Spazio Economico Europeo.

Con tale modifica la tassazione delle plusvalenze avverrà sempre e comunque al momento del trasferimento della residenza, a meno che i cespiti rimangano nel territorio dello Stato in una stabile organizzazione del soggetto trasferito all’estero.

Si sottolinea, infine, che la disciplina sin qui riportata è stata estesa anche alle operazioni straordinarie. In altri termini, ciò vuol dire che l’exit tax si applicherà ai componenti dell’azienda che abbiano formato oggetto di fusione, scissione e conferimento allorché non siano confluiti in una SO nel territorio dello Stato.

Valori fiscali in ingresso in Italia

Un’ulteriore modifica apportata dalla normativa in esame è quella che riguarda la disposizione in tema di valori fiscali adottabili in sede di ingresso del soggetto estero nel territorio dello Stato.

Sul punto si ricorda che l’articolo 166-bis del TUIR disciplina la determinazione dei valori fiscali delle attività e passività facenti parte del patrimonio dei soggetti che esercitano imprese commerciali che trasferiscono la residenza in Italia, un complesso aziendale, o attivi nel territorio dello Stato.

Nella precedente formulazione la disposizione prevedeva che, a prescindere dal pagamento di un’exit tax nello stato di “uscita”, quale valore fiscale delle attività e delle passività si assumesse il valore normale come definito dall’articolo 9 del TUIR (sopra esplicitato in relazione all’exit tax), se lo Stato di provenienza appartiene all’U.E. o se ha un adeguato scambio di informazioni con l’Italia.

Qualora, invece, lo Stato di provenienza non faccia parte dell’U.E. o non abbia aderito ad uno dei sistemi di adeguato scambio di informazioni con l’Italia, in assenza di un accordo preventivo con l’Amministrazione Finanziaria, si assumeva quale valore fiscale: i) per le attività, il minore tra il costo di acquisto, il valore di bilancio e il valore normale (determinato ai sensi dell’articolo 9 del TUIR); ii) per le passività il maggiore tra questi.

Anche in questo caso, come già visto in tema di exit tax, la principale novità è rappresentata dalla sostituzione del summenzionato criterio del valore normale con il valore di mercato, e nell’estensione dell’ambito applicativo alle operazioni straordinarie.

Con riguardo a quest’ultime si fa riferimento, in particolare, a: soggetti residenti all’estero che sono oggetto di incorporazione da società residenti in Italia; soggetti residenti all’estero che effettuano scissione a favore di beneficiarie residenti in Italia; e soggetti residenti all’estero che effettuano un conferimento di SO a favore di soggetto residente in Italia.

CFC

Anche la disciplina sulle CFC, contenuta nell’articolo 167 del TUIR, ha subito delle importanti modifiche.

In particolare, l’articolo 4 del Decreto ha introdotto una nuova nozione di controllo che sussiste quando alternativamente:

  • l’impresa, la società o l’ente è controllato da un soggetto residente, direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciaria o interposta persona, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile; ovvero
  • la quota di partecipazione agli utili è detenuta per oltre il 50% direttamente, o indirettamente mediante una o più società.

Sul punto, in particolare è opportuno sottolineare che, a differenza del vecchio testo che rinviava semplicemente all’articolo 2359 del codice civile, il nuovo articolo 167 del TUIR attribuisce rilevanza anche alla quota di partecipazione agli utili.

Ulteriore novità è rappresentata dalle condizioni necessarie per l’applicazione della disciplina in esame che devono verificarsi congiuntamente, ovvero:

  1. la società controllata deve essere localizzata in un paese in cui la tassazione effettiva, (e non nominale come la previgente versione) è inferiore alla metà di quella cui sarebbe stata sottoposta qualora fosse stata residente in Italia;
  2. oltre un terzo del reddito del soggetto estero controllato deve essere rappresentato dal cd. passive income.

In estrema sintesi, dunque, sulla base di tali nuove condizioni, non bisogna eseguire più il raffronto tra i livelli nominali di tassazione dei paesi di riferimento, bensì va data rilevanza al carico effettivo di tassazione.

Altra modifica di rilievo consiste nell’eliminazione della distinzione tra la disciplina applicabile ai soggetti controllati localizzati in Stati a fiscalità privilegiata e disciplina applicabile a soggetti localizzati in Stati appartenenti all’U.E. o allo Spazio Economico Europeo. In entrambi i casi, infatti, è previsto che la tassazione per trasparenza si applichi al ricorrere delle medesime condizioni summenzionate.

Si ricorda, infine, che sono state modificate anche le esimenti grazie alle quali la disciplina CFC non trovava applicazione. Ad oggi, infatti, sussiste una nuova ed unica esimente secondo la quale il soggetto controllato può dimostrare lo svolgimento di “un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali”.

Dividendi e plusvalenze

Le novità riguardanti le disposizioni in materia di dividendi e plusvalenze sono contenute nell’articolo 5 del Decreto.

Sebbene non venga modificato l’impianto di fondo della disciplina previgente, la nuova normativa ha innovato i criteri in base al quale applicare la tassazione al 26% o il concorso integrale a tassazione dei dividendi e delle plusvalenze.

([2]) Nel caso in cui sia detenuta una partecipazione di controllo in un soggetto residente all’estero, si applicherà la tassazione al 26% qualora quest’ultimo sia assoggettato nel paese di residenza a tassazione effettiva sui redditi in misura superiore al 50% del livello di tassazione (anch’esso effettiva) che sarebbe stato applicato in Italia sui redditi medesimi.

Qualora, al contrario, la tassazione effettiva sia inferiore al 50% come sopra evidenziato, i dividendi/plusvalenze concorreranno a formare integralmente il reddito imponibile in Italia (tassato secondo le normali aliquote progressive per scaglioni di reddito).

Nell’ipotesi in cui un soggetto detenga una partecipazione non di controllo, ai fini di cui sopra sarà necessario effettuare il confronto tra i livelli di tassazione nominale praticati nel Paese estero e in Italia. In sostanza si dovrà fare un confronto tra le aliquote astrattamente applicabili al reddito.

Per stabilire quando una partecipazione sia di controllo o meno si deve afre riferimento alla nozione contenuta nel novellato articolo 167 del TUIR (si veda quanto riportato nel paragrafo dedicato alla CFC).

([1]) A – B con esclusione dell’ammortamento delle immobilizzazioni immateriali e materiali, nonché dei canoni di leasing finanziario di beni strumentali (n. 10 lett. a) e b) del conto economico)

([2]) Il nuovo articolo 47-bis ha introdotto una nuova definizione di paese a fiscalità privilegiata. Secondo quest’ultima si considerano a fiscalità privilegiata i Paesi in cui vi è un livello di tassazione effettivo inferiore al 50% di quello applicato in Italia, nel caso in cui il soggetto residente detenga una partecipazione di controllo. Nel caso in cui il soggetto residente detenga una partecipazione non di controllo bisognerà effettuare il confronto tra i livelli di tassazione nominale.

 

di Stefano Serbini e Elena Battiloro

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