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I nuovi modelli di famiglia dopo l’entrata in vigore della Legge Cirinnà. I punti principali

I nuovi modelli di famiglia dopo l’entrata in vigore della Legge Cirinnà. I punti principali

Con l’entrata in vigore della Legge n. 76 del 20 maggio 2016 (c.d. Legge Cirinnà) sono state regolamentate, per la prima volta in Italia, le unioni civili tra persone dello stesso sesso e le convivenze di fatto (eterosessuali e omosessuali), mutando non poco le regole del diritto di famiglia.

Dall’entrata in vigore della Legge in commento possono essere rintracciati nel nostro ordinamento tre distinti modelli: il matrimonio, l’unione civile e la convivenza di fatto registrata. In breve alcuni degli aspetti principali relativi alla nuova disciplina.

Con riferimento al matrimonio, la Legge in commento non introduce modifiche alle norme codicistiche che regolano l’istituto. La nuova legislazione, invero, introduce nell’ordinamento giuridico norme di tutela nell’interesse di coppie dello stesso sesso, le unioni civili, assimilate per molti aspetti alle coppie unite in matrimonio, e nell’interesse di coppie (eterosessuali o omossessuali) che intendono proseguire una mera convivenza, seppur registrata, dalla quale derivano solo alcune prerogative, limitate solo a taluni aspetti della vita di coppia.

Nel merito, le unioni civili sono descritte quali “formazioni sociali”, il cui richiamo è rintracciato all’articolo 2 della Costituzione, al fine di non porle al medesimo piano delle famiglie fondate sul matrimonio, individuate, invero, all’articolo 29 della Costituzione. Tra le differenze rintracciabili con le coppie unite in matrimonio, oltre al sesso dei soggetti, le modalità di celebrazione del matrimonio e di costituzione dell’unione civile, la quale si forma mediante apposita dichiarazione da rendersi, in presenza di due testimoni, di fronte all’ufficiale di stato civile che provvede alla registrazione dell’atto nell’archivio dello stato civile. Non sono previste le pubblicazioni.

Le disposizione che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole “coniuge”, “coniugi” o termini equivalenti, ovunque ricorrano, si applicano altresì ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso. Questi, per la durata dell’unione civile, potranno stabilire di assumere un cognome comune scegliendolo tra i loro cognomi, ovvero una parte può decidere di anteporre o posporre al cognome comune il proprio cognome. Al pari di quanto avviene con la celebrazione del matrimonio, dall’unione deriva l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione. Non vi è, tuttavia, il richiamo all’obbligo di fedeltà, mentre permane l’obbligo in capo a ciascuna parte di contribuire ai bisogni comuni, in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo. Ancora, le parti concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza comune; a ciascuna delle parti spetta il potere di attuare l’indirizzo concordato. Il regime patrimoniale ordinario è la comunione dei beni, a meno che le parti pattuiscano una diversa convenzione patrimoniale, potendo anche ricorrere all’istituto del fondo patrimoniale.

Per quanto riguarda lo scioglimento dell’unione, per la coppia di un’unione civile non è prevista la separazione ma solo una particolare forma di divorzio “semplificata”: le parti possono manifestare, anche disgiuntamente, dinnanzi all’ufficiale dello stato civile, la volontà di sciogliere l’unione; dopo tre mesi dal tale manifestazione di volontà, sarà possibile presentare domanda di scioglimento. Pertanto, non è previsto, come per il matrimonio, un periodo di separazione antecedente al divorzio. Le parti dell’unione civile manterranno il regime di comunione dei beni fino alla sentenza di divorzio.

Di particolare rilievo il tema dei diritti successori: il coniuge omosessuale superstite, al pari di quanto avviene per la coppia eterosessuale unita in matrimonio, avrà i medesimi diritti sia in caso di successione legittima che necessaria (i.e.è annoverato tra i “legittimari”). Da tale equiparazione deriva, altresì, il diritto di abitazione sulla casa familiare e di uso sui mobili che l’arredano per il coniuge omosessuale superstite. Con la nuova legge, inoltre, la pensione di reversibilitàe il Tfr maturato spettano al partner dell’unione.

Una delle novità più importanti che distingue il regime del matrimonio rispetto all’unione civile è senza dubbio il delicato tema delle adozioni. Non è stata riconosciuta la possibilità che il figlio minore di un componente della coppia omosessuale (nato da fecondazione eterologa o da gestazione per altri) instauri un rapporto di genitorialità sociale con l’altro a seguito di adozione (cd. stepchild adoption).

Il tema, più che giuridico, divide non poco l’opinione pubblica per le implicazioni, presunte o no, che possono derivare dal crescere un minore da parte di due genitori dello stesso sesso. Tali discussioni hanno portato, in sede di approvazione del DDL, all’eliminazione della disciplina dettata in materia di stepchild adoption, originariamente prevista nella prima bozza. Resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozioni dalle norme vigenti, che dovrebbe consentire ai singoli Tribunali di concedere la stepchild adoption in singole fattispecie sottoposte all’attenzione dei Giudici.

Inoltre, la Legge n. 76/2016 estende alle unioni civili le norme dettate in materia di ordini di protezione in caso di grave minaccia all’integrità fisica o morale di una delle parti, inabilitazione, interdizione ed amministrazione di sostegno, nonché la disciplina relativa all’annullamento del contratto a seguito di violenza.

Anche le coppie di fatto hanno trovato, per una prima volta, la loro regolamentazione. La disciplina si rivolge a coppie, anche già conviventi, maggiorenni e unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, etero o omosessuali. La costituzione del rapporto avviene attraverso la dichiarazione all’Ufficio dell’Anagrafe della sussistenza di una stabile convivenza. Il regime pubblicitario, pertanto, è limitato alla stato di famiglia anagrafico. E’ previsto, per i conviventi, il mantenimento del proprio cognome e non si instaura alcun regime patrimoniale, fatto salvo il caso di sottoscrizione di un “contratto di convivenza” che riceve pubblicità nei registri anagrafici. In tema di diritti successori, il convivente superstite non ha alcun diritto successorio, ma avrà solo il diritto di abitazione per due anni nella casa adibita a residenza familiare o, se la convivenza era perdurata per un periodo superiore ai due anni, per un periodo pari alla durata della convivenza stessa, ma in ogni caso non superiore a cinque anni. In caso di malattia o ricovero i conviventi

di fatto hanno diritto reciproco di visita, assistenza e accesso alle informazioni personali e sanitarie, al pari delle coppie unite in matrimonio o delle coppie di una unione civile. La risoluzione del contratto diconvivenza deve redigersi in forma scritta a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata autenticata da un notaio o da un avvocato che ne attesterà la conformità alle norme imperative ed all’ordine pubblico. La convivenza non registrata non trova menzione nella nuova Legge.

  • Giovanna Mazza
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