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Impatriati e aiuti de minimis: attenzione al plafond dei 300.000

Impatriati e aiuti de minimis: attenzione al plafond dei 300.000
Il MEF, con la risposta n. 5/04717 in Commissione Finanze alla Camera, si è espresso sulla compatibilità tra il regime fiscale per i lavoratori impatriati e il limite del c.d. de minimis previsto dalla legislazione unionale in materia di aiuti di importanza “minore”, chiarendo formalmente che l’agevolazione per i lavoratori autonomi è applicabile solo nel rispetto del predetto limite de minimis.

L’art. 5 del Dlgs. n. 209/2023 che disciplina il nuovo regime dei lavoratori impatriati subordina, infatti, espressamente l’applicazione del beneficio ai liberi professionisti alla condizione che siano rispettati i limiti previsti dal Regolamento UE n. 1407/2013 in forza del quale l’importo complessivo degli aiuti “de minimis” concessi da uno Stato ad una impresa unica non può superare 200 mila euro nell’arco di tre esercizi finanziari. Tale limite è stato aumentato a 300 mila euro dal Regolamento UE 2831/2023.

Il chiarimento reso dal MEF originava dal quesito posto dagli interroganti secondo cui sarebbe stato necessario chiarire, anche mediante norme di interpretazione autentica, se il rispetto del limite “de minimis” potesse trovare applicazione con riferimento all’agevolazione per i lavoratori impatriati qualora la Commissione Europea avesse espressamente qualificato tale agevolazione quale aiuto di Stato.

Il MEF ha ribadito che il beneficio del regime degli impatriati ricade nell’alveo degli Aiuti di Stato per quanto riguarda i lavoratori autonomi. A parere del MEF, infatti, “l’opzione del legislatore di ricondurre i richiamati regimi agevolativi temporanei nell’ambito della disciplina sugli aiuti <<de minimis>> appare coerente con la natura degli stessi, avuto riguardo alla configurazione dei lavoratori autonomi come soggetti svolgenti attività d’impresa”.

Da un punto di vista pratico, dunque, il lavoratore autonomo che beneficia del regime degli impatriati non solo deve rispettare il limite massimo di reddito agevolabile stabilito in 600 mila euro annui previsto in generale per tutti i lavoratori, ma è altresì soggetto al rispetto del limite dei 300 mila euro nell’arco di un triennio di cui alla normativa in analisi. Il rispetto del limite nel triennio deve essere valutato non su base fissa ma su base mobile; cioè nel senso che “per ogni nuova concessione di aiuti «de minimis», si deve tener conto dell’importo complessivo degli aiuti «de minimis» concessi nei tre anni precedenti”.

A tal proposito, si rammenta che nel 2023, il MEF si era già pronunciato sulla questione sotto la vigenza del precedente regime impatriati di cui all’art. 16 Dlgs. n. 147/2015, avendo già a suo tempo affermato che le misure fiscali agevolative rivolte ai lavoratori che avviano un’attività economica ricadono nell’ambito della disciplina europea sugli aiuti di Stato.

A fronte di tale importante chiarimento, occorre però comprendere quali siano le effettive conseguenze per il lavoratore autonomo in caso di splafonamento (i.e. superamento del limite dei 300 mila euro). In particolare, se il superamento del limite comporti la perdita integrale del beneficio oppure abbia come conseguenza la mancata applicazione del regime degli impatriati al solo reddito eccedente la quota de minimis.

A tal proposito, in passato sul superamento di tale limite, si erano creati due distinti orientamenti. Il primo, più restrittivo, prevedeva che in caso di superamento del massimale nessuna agevolazione potesse essere concessa, inclusa la parte di reddito che ricadeva al di sotto del limite (cfr. documento CNDCEC-FNC 20.09.2018). Il secondo orientamento, invece, riteneva che fosse possibile per il contribuente optare, fino a concessione dell’aiuto, per la rinuncia a precedenti aiuti già percepiti oppure richiedere una riduzione del finanziamento (cfr. Corte di Giustizia UE C-608/19 in materia di Aiuti di Stato).

L’Agenzia delle Entrate, nelle Istruzioni al Modello Unico PF 2024 (relative al periodo d’imposta 2023), sembra aver riconosciuto il beneficio anche in caso di splafonamento c.d. “dichiarato”. Con riferimento alla casella “Reddito impatriati/controesodati”, infatti, si leggeva che nella colonna 3 bisognasse indicare “l’eventuale quota di reddito che gli stessi intendono escludere dall’agevolazione ed assoggettare integralmente ad imposizione, al fine di ricondurre l’ammontare dell’aiuto effettivamente fruito entro il limite previsto per gli aiuti de minimis”.

Tale chiarimento è presente anche nelle Istruzioni al Modello Unico PF 2025 relativo al periodo d’imposta 2024. Pertanto, sembrerebbe ormai chiaro, che di per sé lo splafonamento “dichiarato” non determini perdita integrale del beneficio.

La questione appare invece diversa qualora il lavoratore sia incorso in errore nella determinazione del proprio reddito, non avendo, per esempio, calcolato il rispetto del limite de minimis su base mobile. In tal caso, il lavoratore – non avendo compilato la relativa casella della Dichiarazione dei Redditi che consente di indicare lo splafonamento – correrebbe il rischio di perdere integralmente il diritto di accedere all’agevolazione impatriati. Ciò con “l’aggravante” dell’impossibilità di accedere al ravvedimento operoso a causa dell’esclusione di tale fattispecie dal Registro nazionale degli aiuti di stato secondo cui “l’impossibilità di registrazione dell’aiuto per effetto del superamento dell’importo complessivo concedibile in relazione alla tipologia di aiuto de minimis pertinente determina l’illegittimità della fruizione”.

  • Domenico Sannicandro
  • Gise Genco
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