Al termine dell’Ecofin del 5 dicembre 2017, i rappresentanti degli Stati membri dell’Unione Europea hanno formalmente individuato i Paesi considerati non collaborativi dal punto di vista fiscale.
Il provvedimento, frutto di un lavoro durato circa due anni, suddivide tali Paesi in due liste; la prima, c.d. “black listeuropea”, nella quale sono stati inseriti 17 Paesi, la seconda, c.d. “grey list”, che si compone di 47 Paesi. Si allegano entrambe le nuove liste.
La selezione dei Paesi è stata eseguita sulla base dei criteri di seguito indicati:
L’iniziativa della UE ha sollevato diverse critiche e perplessità sia per l’adozione di criteri difficilmente applicabili in modo oggettivo (che hanno condotto ad includere alcuni Paesi e ad escluderne inopinatamente altri) sia per l’assenza di sanzioni.
Si evidenzia che i 47 Paesi oggi presenti nella “grey list” hanno formalmente assunto un impegno vincolante per la modifica degli ordinamenti interni in osservanza dei tre criteri predetti.
Sul punto il vice presidente alla Commissione Europea, Valdis Dombrovskis, ha precisato che: “le giurisdizioni nella lista grigia hanno un anno per mettersi in regola se sono paesi sviluppati e due anni se sono paesi in via di sviluppo”.
Le due liste suddette sono il primo esperimento della UE di individuare puntualmente i Paesi che pongono in essere politiche di distorsione della concorrenza utilizzando la leva fiscale. Come anticipato, tuttavia, l’iniziativa deve ritenersi ancora lungi dall’essere completa e veramente efficace.
L’Ecofin, infatti, si è solamente limitato ad indicare quali misure e/o sanzioni potrebbero essere prese da parte degli Stati (ad esempio, l’indeducibilità dei costi, l’imposizione di nuove ritenute alla fonte, l’adozione generalizzata della normativa CFC, oneri documentali ed informativi più incisivi su determinate operazioni, etc.).
Nonostante questo è importante sottolineare l’impegno di molti Paesi ad aderire ai criteri citati al fine di non essere inseriti nella “black list” e lo sforzo compiuto dalle istituzioni europee per cercare di rendere omogeneo un sistema che ha sempre visto la compresenza di numerose legislazioni e liste dei singoli Paesi membri, non coordinate tra loro.
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