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Recenti chiarimenti sui Prezzi di Trasferimento

Recenti chiarimenti sui Prezzi di Trasferimento

La Corte di Cassazione con due sentenze rese a distanza di pochi giorni l’una dall’altra, n. 28335 del 7 novembre 2018 e n. 29306 del 14 novembre 2018, ha in entrambi i casi consolidato ulteriormente la propria posizione circa l’onere probatorio in materia di transfer pricing.

L’approccio della Cassazione alla tematica sembra aver superato definitivamente alcuni precedenti giurisprudenziali (Cass. N. 15642/2015; Cass. N. 17955/2013) che richiedevano la prova da parte dell’Amministrazione finanziaria del vantaggio fiscale conseguito tramite l’utilizzo distorto di prezzi infragruppo nell’ambito di transazioni cross-boarder. Ciò appare in linea con le previsioni dell’OCSE che, nelle Guidelines 2017, afferma che la valutazione dei prezzi di trasferimento non deve essere confusa con problematiche di frode o elusione fiscale, anche se spesso le due cose sono connesse.

La sentenza n. 28335 ribalta quanto affermato dai giudici di secondo grado ossia la non correttezza della valutazione effettuata dai verificatori in sede di accertamento, i quali avevano effettuato una comparazione con dati di un’altra azienda operante nel medesimo settore e su tale base avevano fondato l’accertamento. I giudici di secondo grado avevano annullato la pretesa ritenendo tale operazione non sufficiente ad assolvere l’onere probatorio.

Da qui i giudici di legittimità prendono le distanze affermando quanto sopra, ossia che l’onere di provare “la maggiore fiscalità nazionale o il concreto vantaggio fiscale conseguito dal contribuente” non è in capo all’Amministrazione Finanziaria bensì la stessa può limitarsi ad evidenziare “l’esistenza di transazioni, tra imprese collegate, ad un prezzo apparentemente inferiore a quello normale, incombendo, invece, sul contribuente … l’onere di dimostrare che tali transazioni siano intervenute per valori di mercato da considerarsi normali”.

La sentenza n. 29306 affronta nelle premesse l’articolo 110 comma 7 TUIR sostenendo come la disciplina ivi prevista non abbia natura antielusiva, poi entra nel merito analizzando le contestazioni mosse dagli accertatori ad una società di capitali residente in Italia che cede prodotti alla propria controllata distributrice sul mercato svizzero.

I verificatori hanno contestato l’applicazione di un prezzo inferiore rispetto al valore normale, fondando la pretesa su un listino prezzi privati esibito dall’amministratore durante la verifica.

La Corte ritiene non utilizzabile tale listino dal momento che:

  • Il listino privato non rientra tra le prove indiziarie del valore normale;
  • Si tratta di un listino che riportava i prezzi al consumatore e non al distributore
  • Inoltre la mancanza di commenti effettuati dall’amministratore non deve essere intesa quale ammissione implicita dell’accettazione di tale listino per la quantificazione del valore normale.

La Corte ha invece affermato come il Giudice di merito abbia fornito motivazioni convincenti relativamente alla correttezza dei prezzi applicati infragruppo. Si ritiene utile elencare alcuni argomenti di particolare interesse:

  1. È stata fornita la dimostrazione che la società distributrice ha applicato prezzi di vendita superiori, seppur di poco rispetto a quelli di acquisto, ciò conferma che il margine su tali commesse era limitato;
  2. Risulta essere giustificata anche una cessione al disotto del valore di costo nel caso in cui l’interruzione del ciclo produttivo avrebbe comportato perdite anche maggiori.

La materia dei prezzi di trasferimento si sta arricchendo di pronunce che risultano essere sempre più in linea con il dettato delle Linee Guida OCSE da quando le stesse risultano essere divenute ufficialmente riferimento per la definizione del prezzo di libera concorrenza anche per il legislatore.

 

  • Nicolò Bergamin
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