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Regime impatriati: sì al CEO già amministratore della società italiana prima del rimpatrio

Regime impatriati: sì al CEO già amministratore della società italiana prima del rimpatrio
Non osta all’accesso al regime degli impatriati l’aver rivestito, precedentemente al trasferimento in Italia, la carica di amministratore della società presso cui verrà instaurato il nuovo rapporto di lavoro.

Questa l’apertura registrata nella Risposta n.524 del 25 Ottobre 2022, con cui l’Agenzia è tornata sui requisiti di accesso al regime degli impatriati di cui all’art. 16 del D.Lgs. n.147/2015.

Nella fattispecie analizzata l’Istante è un cittadino italiano che lavora all’estero sin dal 1998. A partire dal 2015, l’Istante riveste il ruolo di CEO di una società inglese a capo di un gruppo multinazionale. In misura ancillare, l’Istante riveste anche la carica di amministratore presso alcune società controllate del Gruppo, tra cui una società italiana. L’Istante prevede di trasferirsi in Italia a partire dal settembre 2022 per instaurare un nuovo rapporto di lavoro presso la suddetta società italiana, mantenendo la carica di amministratore e interrompendo qualunque rapporto di lavoro con la società inglese.

Nel fornire risposta positiva, l’Agenzia precisa che l’autonomia dei rapporti contrattuali nell’ambito di un gruppo societario non esclude ex se l’accesso al regime “a nulla rilevando la circostanza che l’attività lavorativa sia stata prestata con società appartenenti allo stesso gruppo”. Non si tratterebbe, in altre parole, di una fattispecie di “rientro da distacco”, non essendo quindi necessario verificare alcun requisito di discontinuità. Più nel dettaglio, non si ritiene ostativo che l’Istante mantenga la carica amministrativa presso la società italiana e che la stessa sia stata rivestita in precedenza al trasferimento in Italia.

Con riferimento a quanto sopra, si evidenzia che la Risposta in commento rappresenta il primo documento di prassi, sull’argomento, di pubblicazione posteriore alla sentenza n.1479/2022 della CTP di Milano.

Sul punto, si ricorda, i giudici milanesi avevano disconosciuto la legittimità dell’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate secondo cui, in caso di “rientro da distacco”, fosse necessario verificare il requisito della c.d. “discontinuità” tra il nuovo rapporto di lavoro e quello antecedente all’espatrio. Facendo comunque riferimento a tale interpretazione nella Risposta in commento, l’Agenzia parrebbe invece non considerare quanto concluso dalla CTP di Milano.

Si evidenzia, tuttavia, come la Risposta abbia il pregio di affrontare – favorevolmente – una fattispecie (i.e. la mobilità dei dipendenti all’interno di un Gruppo multinazionale) di rado presa in considerazione dalla prassi (si vedano Ris. n.72/2018, Ris. 76/2018 e n.85/2022) ma molto frequente nella realtà internazionale.

  • Ilaria Di Tonto
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