Con due nuove risposte ad interpello l’Agenzia delle Entrate torna a porre l’accento sul concetto di residenza fiscale nel territorio dello Stato come requisito essenziale per beneficiare dei regimi agevolati per il rientro in Italia. Tra il trasferimento della residenza e l’attività lavorativa in Italia, si ribadisce, deve esserci un nesso di causalità.
In particolare, con l’interpello n.33/2018, si discute dell’applicabilità del beneficio di cui all’art.44 del DL 78/2010 (esclusione ai fini IRPEF del 90% dei compensi percepiti da docenti e ricercatori che rientrano in Italia per un totale di 4 periodi d’imposta). Come ricordato nella risposta in esame, il poter beneficiare di tale regime agevolato è subordinato alla presenza di una serie di requisiti, tra i quali (..) c) aver svolto all’estero documentata attività di ricerca o docenza per almeno due anni continuativi (…) d) svolgere l’attività di docenza e ricerca in Italia; e) acquisire la residenza fiscale nel territorio dello Stato.
La risposta dell’Agenzia delle Entrate si sofferma proprio su tale ultimo punto e), e richiamando la precedente circolare n.17/2017 conferma come “la norma prevede espressamente che il docente o il ricercatore acquisisca la residenza fiscale nel territorio dello Stato e ciò avvenga in conseguenza dello svolgimento dell’attività lavorativa in Italia”.
A tal proposito – chiarisce e ribadisce l’Amministrazione Finanziaria – per definire il concetto di residenza occorre fare riferimento alle disposizioni contenute nell’articolo 2 del TUIR, il quale considera residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo d’imposta (183 giorni o 184 giorni in caso di anno bisestile), sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato la residenza o il domicilio ai sensi del codice civile. Tali condizioni sono tra loro alternative, per cui la sussistenza anche di una sola di esse e? sufficiente a qualificare, ai fini fiscali, un soggetto residente in Italia.
L’attività svolta alle dipendenze di un istituto di ricerca italiano presuppone quindi, per la fruizione dell’agevolazione in argomento, che il dipendente diventi fiscalmente residente in Italia e che sia ravvisabile un collegamento fra il rientro in Italia e l’inizio dell’attività – come sopra precisato – di docenza o ricerca nel territorio dello Stato.
Nel caso in esame il ricercatore ha stipulato un contratto di lavoro a tempo determinato nell’ottobre 2015, – per il quale l’attività lavorativa, come precisato dalla circolare n.17/2017, “si considera iniziata, (…), alla data da cui decorrono l’obbligo della prestazione lavorativa e l’obbligo della remunerazione” – ma non ha fatto seguire l’acquisizione della residenza fiscale in Italia già dal periodo d’imposta 2016, avendo invece continuato a svolgere la sua attività all’estero fino al settembre 2017.
Da ciò deriva, secondo le conclusioni dell’Amministrazione Finanziaria, che il rientro del ricercatore in Italia nel 2017 e la sua contestuale iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente non soddisfino la ratio della norma e non consentono pertanto l’applicazione del regime agevolato. Questo perché il trasferimento della sua residenza fiscale sarebbe avvenuto successivamente all’instaurarsi del rapporto di lavoro per svolgere attività di ricerca in Italia, il che “fa si? che non sia ravvisabile un nesso tra i due eventi e, quindi, non risulta soddisfatta la vis attrattiva della norma”.
A conferma di ciò la risposta all’interpello 32, sempre dello stesso 11 ottobre, nel quale, in riferimento ad un caso di applicazione della norma analoga contenuta nel D.Lgs 147 2015 ( “regime speciale per lavoratori impatriati” con alte qualificazioni e specializzazioni, cui compete uno sgravio del 50% a partire dall’anno in cui avviene il trasferimento della residenza fiscale e per i 4 anni successivi) l’Agenzia delle Entrate da’ parere positivo sull’applicabilità dell’agevolazione nei confronti di un cittadino italiano iscritto AIRE dal 2012 al 2018 che, assunto nel 2018 con contratto a tempo indeterminato in Italia, al rientro si è subito iscritto all’Anagrafe della popolazione residente.
Anche in questo caso il beneficio è espressamente subordinato al soddisfacimento delle condizioni precedenti al rientro (con richiamo espresso a quanto già enunciato con la risoluzione 51/2018 in cui si legge che “la scrivente ritiene che, per tali soggetti, la residenza all’estero per almeno due periodi d’imposta costituisca il periodo minimo sufficiente ad integrare il requisito della non residenza nel territorio dello Stato e a consentire, pertanto, l’accesso al regime agevolativo”) ed al trasferimento della residenza in Italia, ancora una volta, in applicazione delle condizioni ex art. 2 del TUIR.