A seguito di forti pressioni internazionali, corroborate dalla minaccia di ritorsioni politico-economiche, si è assistito negli ultimi anni ad un evidente sgretolamento di quella ben nota riservatezza che l’ordinamento Svizzero ha da sempre garantito ai clienti della proprie banche.
L’adesione al protocollo FATCA con gli Stati Uniti ed alla Convenzione Multilaterale per la mutua assistenza fiscale, secondo lo strumento tecnico del c.d. “common reporting standard” (CRS), unitamente alla revisione delle varie Convenzioni contro le doppie imposizioni nella parte in cui la Svizzera ha acconsentito a condividere con Paesi terzi informazioni di interesse fiscale, hanno aperto una breccia nel monolite del c.d. “segreto bancario”.
Questo trend viene confermato dalla recente pronuncia del Tribunale Federale[1] elvetico che ha stabilito, nell’ambito del ricorso presentato dal Ministero Pubblico di Zurigo avverso la sentenza pronunciata nei confronti dell’ex direttore della filiale alle Isole Cayman di una banca rossocrociata, che i principi dell’ordinamento Svizzero che disciplinano il c.d. “segreto bancario” non si applichino ai dipendenti che lavorano presso le filiali estere, ma esclusivamente nei confronti di coloro i quali prestino servizio presso gli uffici e le agenzie della banca madre localizzate geograficamente in Svizzera.
Il banchiere in questione era stato direttore della filiale di un’importante banca Svizzera alle Isole Cayman (Antille) ed era stato licenziato nel 2002 perché accusato di aver trasmesso dati relativi ai clienti della banca alle autorità fiscali di vari Paesi, ad alcuni media, come pure nel 2008 al sito WikiLeaks, quindi condannato dal Tribunale cantonale di Zurigo a 14 mesi di prigione sospesi con la condizionale per falsità in documenti e minacce.
Il Tribunale di ultima istanza Svizzero, attraverso il giudice Laura Jacquemoud-Rossari, ha affermato come la disciplina complessiva relativa al segreto bancario non possa essere esportata all’estero, incardinando un precedente importante nella prassi elvetica che, di fatto, renderà ancor più delicata la gestione dei dati sensibili dei clienti della banche Svizzere, molto spesso prone a localizzare i portafogli più importanti presso filiali estere, principalmente ai Caraibi o nelle Isole del Canale.
D’ora in avanti, dunque, ogni eventuale violazione all’estero dei principi di riservatezza, ben rappresentati nell’insieme di norme dell’ordinamento Svizzero comunemente riassunte col termine “segreto bancario”, non potrà più essere perseguita, lasciando aperta la necessità di individuare delle modalità di gestione dei patrimoni che siano in grado di garantire una pur minima tutela della clientela.