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Transfer Pricing: analisi di comparabilità prima della scelta del metodo

Transfer Pricing: analisi di comparabilità prima della scelta del metodo
La Sentenze in commento si occupano di controversie sorte tra gruppi societari internazionali ed l’Agenzia delle Entrate in merito alla scelta del metodo di valutazione di prezzi di trasferimento. In entrambe le sentenze, la parte soccombente risulta essere l’Agenzia delle Entrate che aveva individuato ed applicato metodi di transfer pricing che, a giudizio delle Commissioni giudicanti, non erano poi risultati coerenti con le caratteristiche delle transazioni inter-company oggetto di accertamento.

Nel caso della Commissione Tributaria Regionale di Milano del 16 maggio 2016, n. 3590/16 (depositata il 15 giugno 2016), una società italiana, operante nel settore automotive e controllante società cinese, aveva praticato nelle proprie operazioni inter-company un prezzo ritenuto di mercato.

L’Ufficio, a seguito di attività di accertamento, aveva rideterminato il prezzo delle transazioni inter-company respingendo la determinazione del maggior prezzo operato dalla Società e facendo invece ricorso al Cost Plus Method. L’Agenzia delle Entrate “riteneva coerente l’applicazione del metodo cost plus e valutava comparabili le aziende di paragone individuate dall’Ufficio stante lo stesso codice di attività, l’operatività nella medesima area geografica ed il medesimo giro d’affari.”

La Commissione adita perviene, invece a conclusioni diverse, non condividendo la tesi dell’Agenzia che le 6 aziende di comparazione selezionate siano idonee alla scopo, ciò soprattutto per il fatto che “(…) non risulta essere stata data alcuna dimostrazione e/o evidenza delle <funzioni, rischi o investimenti> comparabili delle sei società del campione prescelto”.

Nella sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano del 13 giugno 2016, n. 5590/16 (depositata il 24 giugno 2016), vi è una controversia sorta tra l’Agenzia delle Entrate e la consociata italiana di gruppo internazionale, operante nel settore della distribuzione di mobili, e riguardante ancora la scelta del metodo del prezzo inter-company.

La società italiana, riteneva di svolgere una mera attività di supporto e promozione agli acquisti, da fornitori italiani, a beneficio della società svizzera che era invece propriamente la <centrale d’acquisto> a livello mondiale di gruppo. Per tale attività la società italiana era remunerata con un congruo margine calcolato sui costi sostenuti (Cost Plus Method).

L’Agenzia delle Entrate, in sede di accertamento, ha ritenuto che la società italiana fosse di fatto, invece, un agente d’acquisto e che, conseguentemente, doveva percepire compensi da determinare in termini di commissioni.

La Commissione adita, ha precisato che, al fine di determinare correttamente il prezzo di trasferimento, “si rendeva necessario considerare le funzioni, le responsabilità ed i rischi che la consociata italiana si assumeva nell’espletamento della propria attività.”  Nel caso in esame, la Commissione ha ritento che la società italiana svolgesse funzioni limitate e che, di fatto, tutti i rischi gravavano sulla società svizzera.  In base all’evidenza dell’analisi funzionale, il metodo del cost plus utilizzato dalla società risulta quindi quello appropriato.

In entrambe le sentenze, consolidando anche passata giurisprudenza, si evince che nell’individuare il metodo appropriato sia necessario acquisire una approfondita conoscenza delle funzioni svolte della società oggetto di accertamento. In tal senso diventa quindi importante che le società predispongano adeguata documentazione sul transfer pricing al fine di chiarire al meglio la natura delle transazioni inter-company e, magari, prevenire eventuali contestazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate in caso di verifiche fiscali.

 

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