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Trasferimento di residenza e branch exemption

Trasferimento di residenza e branch exemption
L’8 luglio 2025 l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la risposta ad interpello n. 185/E, tornata su un nodo irrisolto dell’internazionalizzazione d’impresa: come si coordina la “branch exemption” di cui all’art. 168-ter TUIR con l’“exit tax” prevista dall’art. 166 quando una società italiana dotata di branch estera decide di trasferire all’estero la propria residenza fiscale. Il quesito era stato presentato da una controllata italiana di un gruppo multinazionale che, già da alcuni esercizi, aveva optato per l’esenzione degli utili (e delle perdite) della propria stabile organizzazione estera; la società, ora intenzionata a spostare la sede legale fuori dall’Italia, chiedeva se le attività e passività della branch — già escluse dall’imposizione domestica in forza della BEX — dovessero rientrare nella base imponibile dell’imposta in uscita. Con la risposta 185/E l’Amministrazione ha sciolto il dubbio affermando che tali componenti restano fuori dal perimetro dell’exit tax, perché la potestà impositiva italiana su di essi è stata abbandonata al momento dell’opzione e non può essere “recuperata” in sede di migrazione internazionale della residenza.

Il ragionamento dell’Agenzia muove da un principio di coerenza: l’esenzione introdotta dal decreto “internazionalizzazione” del 2015, recepita nell’art. 168-ter, è strutturale e definitiva; essa comporta che i redditi della branch estera non siano più inclusi nella determinazione della base imponibile italiana, con la correlata inapplicabilità della disciplina delle Controlled Foreign Companies e con il meccanismo di “recapture” delle perdite solo ai fini futuri. Viene quindi ribadito che l’uscita dal territorio fiscale nazionale non può far riemergere un imponibile che l’ordinamento ha già rinunciato a tassare.

Alla luce di questa premessa, la risposta rilegge l’art. 166: l’applicazione dell’exit tax rimane integrale per i cespiti rimasti nella sfera imponibile italiana — immobilizzazioni materiali e immateriali, partecipazioni, avviamento — ma non può estendersi a quelli che la legge ha definitivamente allocato all’estero per effetto della BEX. L’Agenzia richiama il requisito, dettato dallo stesso art. 166, secondo cui le plusvalenze “si considerano realizzate” solo se riguardano componenti che lasciano il territorio dell’imposizione; una volta cristallizzato il disallineamento con la branch exemption, tali componenti risultano già fuori dal “territorio” in senso fiscale e dunque non realizzano alcuna plusvalenza latente tassabile.

La risposta ad interpello n. 185/2025 segna un punto fermo nell’applicazione coordinata degli articoli 166 e 168-ter del TUIR, confermando che la branch exemption non è una semplice sospensione d’imposta ma un definitivo spostamento di potestà impositiva: un elemento che gli operatori dovranno valutare attentamente non solo nei programmi di trasferimento di residenza, ma anche, più in generale, nell’ambito della strutturazione di progetti di internazionalizzazione che possano comportare la scelta di società controllate estere o l’instaurazione di permanent establishment con o senza branch exemption.

  • Luigi Belluzzo
  • Ivan Mastrototaro
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