L’obiettivo, come chiarito dal DIT, è quello di sostenere la competitività del “sistema Paese”, consentendo l’ingresso ad una vasta gamma di prodotti a tariffa zero: la politica del “zero tariff” riguarderà circa il 60% degli scambi in ingresso (contro l’attuale 47%), e la percentuale potrebbe salire ulteriormente in presenza di futuri Free Trade Agreements conclusi con successo.
Le buone notizie
A beneficiare del regime a 0% tariffario, molti prodotti funzionali al sistema produttivo britannico, quali viti, bulloni e tubi in rame. In totale, la stima è di una rimozione delle tariffe in entrata per un valore di circa 30 miliardi di sterline di importazioni funzionali alla catena di approvvigionamento. Tagli anche per alcuni elettrodomestici e prodotti sanitari ed incentivi alle politiche green, con agevolazioni su oltre 100 prodotti sostenibili, dai termostati alle lampadine LED. In generale, il colpo di scure dovrebbe riguardare tutti i prodotti attualmente a tariffa inferiore al 2%.
Le cattive notizie
Niente sconti invece per i comparti strategici all’industria interna, quali la pesca, il settore automotive e l’agricoltura, per i quali la UKGT applicherà una politica protezionista, con dazi del 10% sulle automobili e aumenti, tra l’altro, su carne bovina, pollame, burro e vari prodotti alimentari.
Più in generale, qualora non si raggiungesse un accordo con l’Unione europea, il nuovo piano comporterà un aumento rilevante del costo finale al consumo di molti prodotti chiave provenienti dai Paesi comunitari. Inoltre, alcuni prodotti a tariffa agevolata saranno soggetti a quote d’importazione, oltre le quali verrà meno la politica del sistema 0%.
Arrivare preparati
Per gli imprenditori che operano in sistemi di import/export con il Regno Unito sarà opportuno ricordare che:
Ancora una volta, a spostare l’ago della bilancia di un accordo più o meno vantaggioso con i Paesi terzi, potrebbe essere l’esito dei negoziati commerciali con l’Unione europea.
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