Seguirà nei prossimi mesi il periodo transitorio, volto a consentire alle parti di raggiungere un accordo commerciale che soddisfi le rispettive esigenze. Il termine del periodo transitorio è fissato al 31 dicembre 2020, salvo che entro il 1° luglio 2020 l’Unione Europea e la Gran Bretagna non si accordino per una proroga. Durante questi mesi il diritto dell’Unione Europea continuerà ad applicarsi anche al Regno Unito, che non avrà più i suoi rappresentanti in seno alle istituzioni ed agli organi dell’Unione, partecipando tuttavia all’unione doganale e al mercato unico. UK dovrà rispettare la politica commerciale dell’UE, pur potendo allo stesso tempo negoziare accordi commerciali con Paesi terzi.
Come si rifletterà tutto ciò sul mercato dell’arte? Dopo New York, è Londra la piazza più importante a livello mondiale. Nonostante l’ipotesi Brexit, l’ultimo rapporto del mercato dell’arte di UBS e ArtBasel considerava il Regno Unito il secondo mercato artistico più ricco. Ora che è realtà, si teme che Brexit non possa lasciare indifferente neppure un mercato così forte e radicato come quello britannico.
Londra potrebbe non essere più il punto di riferimento per l’importazione di opere d’arte nell’ambito dell’UE. Attualmente, grazie ad una tassazione sull’importazione di beni artistici da paesi extra-europei pari al 5% del valore complessivo dell’opera, la più bassa nel rispetto dalle norme dell’UE, Londra ha sempre rappresentato un canale preferenziale per l’acquisizione di opere d’arte da parte dei collezionisti europei. Ciò in quanto gli scambi di opere d’arte tra gli Stati membri dell’UE sono esenti da tassazione (Import e export). Con Brexit la situazione potrebbe cambiare e ciò non farà altro che rafforzare ancora di più la posizione di Parigi che, con una tassazione del 5.5%, già si presenta come la principale antagonista all’egemonia londinese. Di contro, tuttavia, il sistema del Regno Unito dopo la Brexit non sarà più vincolato dalle direttive UE relative al mercato dell’arte. L’aliquota del 5%, seppur la più bassa consentita, non era tuttavia paragonabile con quella applicata dal suo principale antagonista, gli Stati Uniti, di fatto pari allo 0%, o da un altro colosso del mercato dell’arte internazionale, la Cina, con un’aliquota pari al 3%. Cina che ad oggi ha ben altri problemi, con l’epidemia di coronavirus in corso e Art Basel Hong Kong, in programma dal 19 al 21 marzo 2020, a rischio.
Ciò che certamente desta maggiori preoccupazioni è la perdita dello status commerciale intracomunitario della Gran Bretagna e, dunque, la possibilità di beneficiare della libera circolazione delle merci nel mercato unico. In concreto, si evitavano le laboriose procedure di sdoganamento e l’applicazione di dazi e tasse di importazione. Sono alte le probabilità che i processi burocratici legati all’import/export saranno più lunghi e complessi, incidendo sui tempi e sui costi delle operazioni di scambio.
Nell’attesa dei risultati dei negoziati nel corso del periodo transitorio, si guarda con attenzione alle grandi aste in programma nei prossimi mesi per valutare i primi impatti di Brexit sul mercato dell’arte britannico e capire se l’egemonia che Londra ha mantenuto fino ad ora nel vecchio continente subirà davvero una crisi.