Nell’impostazione precedentemente adottata dall’Agenzia delle Entrate, invece, tale possibilità era concessa solo nel caso di dimostrazione della circostanza esimente, di cui all’art. 167, comma 5 del TUIR, che richiede che la società partecipata svolga un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali);
Nell’impostazione precedentemente adottata dall’Agenzia delle Entrate non era prevista la possibilità di vedersi riconosciuti i maggiori i valori fiscali dell’entità estera CFC ai sensi dell’art. 166-bis, in quanto le attività e le passività della suddetta società avrebbero dovuto assumere valori fiscali pari a quelli utilizzati ai fini della disciplina CFC.
I chiarimenti resi sono di sicuro interesse per tutti le attuali CFC laddove siano venuti meno i requisiti applicativi della disciplina ma non sia possibile provare l’effettiva sostanza economica della società estera. Tuttavia, specialmente in casi simili, occorre tenere in considerazione non soltanto la normativa domestica di contrasto all’esterovestizione o all’interposizione fittizia ma anche monitorare l’evoluzione della proposta di direttiva sulle shell entity, finalizzata a contrastare l’uso improprio di società prive di sostanza economica.