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Il lavoro (remoto) in Italia per datore di lavoro estero

Il lavoro (remoto) in Italia per datore di lavoro estero
Interessante Risposta dell’Agenzia delle Entrate (n. 296/21) che fornisce importanti chiarimenti in merito alla tassazione del c.d. telelavoro. Il caso riguarda la tassazione degli emolumenti che un datore di lavoro italiano corrisponde al proprio dipendente per le prestazioni svolte in telelavoro dalla propria abitazione nel Regno Unito,  paese in cui è fiscalmente residente.

Dopo aver richiamato la disciplina interna e pattizia, l’Amministrazione Finanziaria conclude che, in estrema sintesi, occorre guardare “al luogo dove il lavoratore dipendente è fisicamente presente quando esercita le attività per cui è remunerato”,  indipendentemente dal fatto che i risultati dell’attività siano utilizzati in un luogo diverso da quello di residenza del datore di lavoro.

La Risposta è interessante sotto molteplici angolature e tocca diversi profili che sono già stati commentati dal nostro Studio in diverse occasioni.

Innanzitutto vengono passate in rassegna alcune peculiarità operative connesse alla modalità di prestazione lavorativa, che ovviamente deve essere coniugata tra regole fiscali e giuslavoristiche. Del resto non può essere giustificabile la circostanza per cui la “causa Covid” provochi dei disallineamenti o, comunque, dei ritardi che possano inficiare la  compliance tributaria del datore di lavoro e del dipendente. Sul punto, come già commentato, l’Italia, a differenza di altri Stati, non ha posto in essere iniziative ad hoc ed a tutt’oggi è vigente una linea guida associata ad una risposta parlamentare nell’autunno 2020.

In seconda battuta la Risposta apre ad opportunità per quei datori di lavoro estero che vogliano prendere vantaggio dalla fiscalità di vantaggio introdotta dall’Italia per attirare talenti.

Si pensi ad esempio, come dettagliato anche in altri interventi presenti sul nostro sito, che a determinate condizioni il carico fiscale Irpef può essere abbattuto significativamente grazie ad una riduzione della base imponibile del 70% o 90%, anche a seconda della dislocazione geografica.

Da ultimo, ma non meno importante, occorre considerare l’attività di fatto esercitata dal dipendente in Italia al fine di verificare e/o scongiurare il rischio che si possa determinare una stabile organizzazione in Italia del datore di lavoro estero. Sarà dunque opportuno verificare i presupposti e le disposizioni rilevanti previste sia dalla normativa interna che pattizia inerenti non solo la tassazione del reddito del lavoratore (di solito in l’Italia) ma anche i requisiti atti a non determinare (o riqualificare) sedi secondarie o uffici quali stabili organizzazioni in Italia.

In relazione tutti questi argomenti il nostro Studio ha un dipartimento dedicato ai private client nel quale  professionisti dedicati si occupano di tematiche relative all’immigrazione e relocation applicabili ai talenti,  ai pensionati stranieri e a tutti quei soggetti ad alto potenziale patrimoniale (UHNWI) che possano trovare conveniente pagare € 100.000 all’anno per tutti i frutti ed i beni detenuti all’estero.

Si rimane a disposizione per ogni approfondimento.

  • Luigi Belluzzo
  • Domenico Sannicandro
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