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Impatriati - la Riforma del Governo Italiano

Impatriati - la Riforma del Governo Italiano
Dopo il dovuto iter parlamentare, il Governo è ormai prossimo all’approvazione del nuovo Decreto recante disposizioni sulla Fiscalità Internazionale, che interviene anche sul regime dei lavoratori “impatriati”. La bozza (definitiva) conferma che la nuova agevolazione “impatriati” si applicherà ai lavoratori che trasferiranno la residenza fiscale in Italia a decorrere dal 1° gennaio 2024, prevedendo, un regime transitorio, e quindi la possibilità di applicare il regime vigente, per quanti trasferiranno la residenza anagrafica entro il prossimo 31.12.23, ovvero, per gli sportivi che entro tale data avranno stipulato un contratto di lavoro.  

Il nuovo regime “impatriati” prevede la detassazione per il 50% del loro ammontare, ed entro il limite annuo di 600 mila euro, dei redditi di lavoro dipendente, redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e i redditi di lavoro autonomo derivanti dall’esercizio di arti e professioni, prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la loro residenza fiscale nel territorio dello Stato 

Il nuovo beneficio si applicherà a condizione che: 

a) Il lavoratore si impegni a risiedere in Italia per il periodo d’imposta in cui è avvenuto il trasferimento e per i successivi quattro; 

b) Il lavoratore non sia stato fiscalmente residente in Italia per i tre periodi d’imposta antecedenti il suo trasferimento (salvo le limitazioni intra gruppo di cui più avanti);

c) L’attività lavorativa è prestata per la maggior parte del periodo d’imposta nel territorio dello Stato;

d) Il lavoratore sia in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione come definiti dal decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 108 e dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206. 

Circa la durata del beneficio è confermato il quinquennio, a partire dall’anno fiscale di trasferimento. Se la residenza fiscale in Italia non è mantenuta per almeno quattro anni, il lavoratore decadrà dai benefici e si provvede al “recapture” di quelli già fruiti, con applicazione dei relativi interessi. 

La principale novità della bozza definitiva è legata al riconoscimento del nuovo beneficio “impatriati” anche ai trasferimenti dei lavoratori intra-gruppo pur se a condizioni più restrittive, che nelle precedenti versioni della bozza di decreto era invece stato esplicitamente escluso.  

Innanzitutto, colmando un problema insito nella versione precedente, la nuova disciplina chiarisce che si considerano appartenenti al medesimo gruppo (i) i soggetti legati da un rapporto di controllo diretto o indiretto ai sensi dell’art. 2359, primo comma, n. 1), del codice civile; (ii) i soggetti sottoposti al comune controllo diretto o indiretto da parte di un terzo. 

Per i lavoratori intra-gruppo, la bozza (definitiva) prevede l’estensione dell’applicazione del regime ma con requisiti temporali di permanenza all’estero ante trasferimento più stringenti rispetto a quelli ordinari. 

Se il lavoratore che si trasferisce in Italia presta l’attività lavorativa nel territorio dello Stato in favore dello stesso soggetto presso il quale è stato impiegato all’estero prima del trasferimento oppure in favore di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo, il presupposto minimo di permanenza all’estero (ordinariamente 3 periodi d’imposta), viene elevato come segue: 

1) sei periodi d’imposta, se il lavoratore non è stato in precedenza impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo; 

2) sette periodi d’imposta, se il lavoratore, prima del suo trasferimento all’estero, è stato impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo. 

La restrizione così prevista per i trasferimenti in infragruppo appare evidentemente disincentivante al “rientro dei cervelli” nel nostro Paese e probabilmente condurrà i lavoratori a preferire regimi incentivanti alternativi all’Italia. Tale impostazione sembrerebbe non accettare un ruolo primario dell’impresa italiana: se il datore di lavoro scopre un talento assunto presso una filiale estera del proprio gruppo italiano perché ostacolarne l’impiego presso gli headquarters?  

Tra le novità della bozza da salutare con favore, viene, invece, previsto un abbattimento della base imponibile al 60% (anziché al 50%), ma sempre con il limite annuo dei 600.000 euro, nei seguenti casi: 

  1. il lavoratore si trasferisce in Italia con un figlio minore; 
  1. in caso di nascita di un figlio ovvero di adozione di un minore di età durante il periodo di fruizione del regime, a partire dal periodo d’imposta in corso al momento della nascita o dell’adozione e per il tempo residuo di fruibilità dell’agevolazione. 

Il tutto a patto che il minore sia residente nel territorio dello Stato. 

Il nuovo regime è particolarmente interessante anche in merito alle nuove norme sul c.d. reshoring che, per quanto subordinate all’autorizzazione della Commissione EU, nel medesimo decreto che riguarda gli impatriati, prevede un abbattimento dell’Ires e dell’Irap del 50% per il trasferimento in Italia di attività economiche (impresa e lavoro autonomo in forma associata) provenienti da territori Extra EU e non SEE. Sarà interessante valutare l’incentivo in oggetto con i limiti agli rimpatriati infragruppo di cui sopra, anche guardando alla “concorrenza europea” che in ambito di reshoring è piuttosto avanzata. 

  • Luigi Belluzzo
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