Il patto di famiglia è un istituto tipico regolato dal ns codice civile. E’ uno strumento giuridico molto efficace atto a regalare questioni semplici ed è sempre da considerare in una pianificazione successoria, sia in termini di imposta di successione che in termini di un vero “succession planning” (passaggio generazionale), dato che rappresenta civilisticamente l’unica eccezione al divieto di patti successori che, come noto, è un cardine del diritto privato successorio in Italia. Per i casi meno semplici c’è il trust che, in taluni casi, può ben coniugarsi anche con la disciplina del patto di famiglia. In tema e per approfondimenti si rinvia ampliamente alla Guida alla Pianificazione Patrimoniale (Luigi Belluzzo – 3a edizione 2017, Il Sole 24 Ore).
Il patto di famiglia è regolato fiscalmente secondo le previsioni del TUS (Testo Unico Successioni), naturalmente beneficiando della migliore aliquota (4%) associata alle operazioni verso i discendenti, nonché – in molti casi – dell’abbattimento della base imponibile sulle partecipazioni secondo le condizioni dell’art. 3, co. 4ter, TUS (cd “regola del quinquennio”), che includono anche il proseguimento dell’attività (d’impresa) per almeno un quinquennio oltre al caso del controllo (per le società di capitali).
Merita tornare in argomento in ragione di una recente risposta ad interpello (n. 913/6/2018) della DRE Lazio e relative al caso di quote di accomandante di una S.a.s. La posizione è da accogliere positivamente in quanto il ragionamento porta a considerare le quote della società, per quanto amministrata dai soci accomandatari, e a mio avviso ben si inserisce nel tema dell’applicabilità alle società commerciali, confermando le tesi maggioritarie cui anche i ns professionisti hanno accademicamente partecipato a supportare.
La DRE non poteva essere più chiara affermando: «se è pur vero che l’effettivo svolgimento dell’attività imprenditoriale è portato avanti dal socio accomandatario, deve comunque ritenersi che anche la società in accomandita semplice, al pari delle altre società di persone, viene ad essere individuata con la globalità dei suoi soci (accomandatari e accomandanti, ciascuno con i suoi poteri e limiti), che danno complessivamente ed unitariamente vita alla gestione dell’impresa. Pertanto, nel rispetto degli obblighi temporali e dichiarativi previsti dalla norma, questa direzione regionale ritiene che le operazioni prospettate possano fruire dell’agevolazione».
Non mancherà chi leggerà questo intervento come ulteriore legna al fuoco di chi sostiene che, per le società di persone, la normativa di favore è da estendere anche alle società non commerciali, come appunto la società semplice.
Il tema è aperto e lo Studio non mancherà di tenere monitorata l’evoluzione della norma e della prassi.