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Abuso del diritto – maggiori certezze per gli operatori economici

Abuso del diritto – maggiori certezze per gli operatori economici
Con il nuovo articolo 10 bis dello statuto del contribuente (legge 27 luglio 2000, n. 212) finalmente è stata unificata la nozione di abuso del diritto (o elusione fiscale) ed è stata estesa a tutti i tributi (diretti, indiretti, armonizzati e non armonizzati UE).

Inoltre, la nuova disposizione ha anche unificato i presupposti e le garanzie procedimentali cui è subordinato il disconoscimento delle condotte abusive.

Così facendo il legislatore ha inteso fornire agli operatori economici un quadro di riferimento che venga incontro alle esigenze di maggiore certezza fiscale per la realizzazione di operazioni sia societarie che finanziarie, incentivando la competitività del sistema paese.

L’Agenzia delle Entrate ha analizzato nel dettaglio questa normativa con la circolare 1 aprile 2016, n. 9/E.

In base alla nuova definizione “Configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti”.

L’abuso del diritto, pertanto, si configura al ricorrere di tre condizioni: (i) assenza di sostanza economica delle operazioni, (ii) conseguimento di un vantaggio fiscale indebito, (iii) vantaggio indebito quale effetto essenziale dell’operazione.

Per vantaggio fiscale indebito si deve intendere quello che si ottiene in contrasto con la finalità delle norme fiscali e con i principi fondamentali dell’ordinamento tributario.

Come puntualizza la stessa norma non si possono considerare abusive “le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa …”:

A differenza della precedente norma anti-elusiva (l’art. 37 bis del DpR n. 600/1973) la nuova nozione si caratterizza per essere applicabile a tutte le operazioni indistintamente e, quindi, prescinde da una puntuale identificazione delle medesime

Attesa l’applicazione potenzialmente illimitata della disposizione sono state unificate e rafforzate le garanzie procedimentali per il contribuente. L’atto di accertamento con cui viene contestato l’abuso è concepito come un atto autonomo e specifico che può essere emanato solo a seguito di un contraddittorio con il contribuente, a pena di nullità.

L’Agenzia delle entrate deve pertanto notificare a quest’ultimo una richiesta di chiarimenti in cui viene indicato il motivo per cui si ritiene configurabile l’abuso ed il contribuente ha sessanta giorni di tempo per rispondere.

Molto importante è il chiarimento fornito dalla disposizione secondo cui l’Amministrazione ha l’onere di dimostrare la sussistenza della condotta abusiva che non è rilevabile d’ufficio dal giudice, mentre il contribuente ha l’onere di dimostrare l’esistenza delle ragioni extrafiscali innanzi ricordate.

Altrettanto di rilievo è la precisazione che il contribuente è libero di scegliere, tra diversi ed alternativi regimi fiscali che perseguono risultati economici equivalenti, quello meno gravoso dal punto di vista fiscale. Pertanto “il contribuente può legittimamente perseguire un risparmio di imposta esercitando la propria libertà di iniziativa economica e scegliendo, tra gli atti i fatti e i contratti, quelli meno onerosi sotto il profilo impositivo. La norma sottolinea, quindi, che l’unico limite alla suddetta libertà è costituito dal divieto di perseguire un vantaggio fiscale indebito…” (la circolare di commento).

Il ricorso alla normativa anti abuso deve considerarsi come una extrema ratio ovvero come una ipotesi che residua dopo aver verificato se l’operazione costituisca una simulazione o frode fiscale e comunque solo se i vantaggi fiscali non possono essere disconosciuti contestando la violazione di diverse nonché specifiche disposizioni tributarie.

Per tale motivo il legislatore ha fatto bene ad escludere la rilevanza dell’abuso agli effetti penali tributari, evitando quindi che all’accertamento dell’abuso potessero conseguire sanzioni penali. Rimane ferma, invece, l’applicazione di sanzioni amministrative tributarie derivanti dalle norme eluse.

In ultimo, si ricorda che il contribuente ha la facoltà di interpellare preventivamente l’Amministrazione per conoscere se le operazioni che intende compiere possano costituire fattispecie di abuso del diritto. L’amministrazione ha il dovere di rispondere all’interpello nel termine di centoventi giorni. Qualora non adempia, il silenzio equivale a condivisione della soluzione prospettata dal contribuente (cd. silenzio assenso – art. 11 dello statuto del contribuente).

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