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Approvazione definitiva del decreto “crescita e internazionalizzazione”

Approvazione definitiva del decreto “crescita e internazionalizzazione”

Lo scorso 6 agosto il Consiglio dei Ministri ha finalmente licenziato il decreto legislativo recante “Misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese” uno dei blocchi attuativi della delega fiscale, definendo una serie di misure molto attese dagli operatori.

Il provvedimento definitivo segue un lungo processo di approvazione, culminato con il decreto legislativo del 17 luglio scorso e i successivi pareri da parte delle camere, questi ultimi recepiti in larga misura nel testo conclusivo.

La norma intende razionalizzare e semplificare la variabile fiscale per multinazionali ed imprese impegnate in processi di internazionalizzazione, mirando a fornire un quadro normativo certo e trasparente per gli investitori.

Un breve accenno ai principali interventi, alcuni dei quali in vigore già nel 2015.

Ruling per i nuovi investimenti

Una vera novità nell’ambito del contesto normativo italiano è l’istituzione di una nuova forma di interpello per le società che effettuano nuovi investimenti, al fine di dare certezza in merito ai profili fiscali del piano di sviluppo che si intende attuare attraverso il progetto, rendendo in capo allo stesso interpello una sorta di valenza omnicomprensiva dal punto di vista tributario (vengono in buona sostanza unificati i moventi dell’istanza: interpretativa, antiabuso e disapplicativa). L’investitore presenterà un business plan dell’investimento con la descrizione dell’intervento, tempi e modalità di attuazione, indicando l’incremento occupazionale atteso e l’impatto fiscale dell’iniziativa.

È prevista una taglia minima di 30 milioni di euro per il progetto che può riguardare anche ipotesi riorganizzative che abbiano ricadute positive sull’occupazione.

Potenziato il ruolo del ruling fiscale internazionale

Intervento compiuto nell’ottica di un dialogo più costruttivo ed equilibrato tra amministrazione finanziaria ed operatori economici.

La delega è stata implementata potenziando il ruolo del ruling internazionale, un accordo preventivo con il fisco in vigore dal 2005 a disposizione di aziende con attività transfrontaliere e volto a definire in via preventiva le condizioni applicative in tema di prezzi di trasferimento, flussi immateriali e finanziari (interessi, dividendi e royalties) e i requisiti di sussistenza di una stabile organizzazione nel territorio dello stato o all’estero.

L’istituto è stato correttamente ricollocato nell’ambito del DPR 600/73, allargando gli effetti di quanto negoziato all’ambito IRAP, mentre per quanto concerne le fattispecie oggetto di interpello viene inclusa la definizione dei valori di entrata e uscita in caso di trasferimento di sede.

L’ulteriore novità in tema di stabile organizzazione vede il ruling quale strumento di definizione preventiva in merito alla correttezza sull’attribuzione di utili e perdite alla stabile stessa.

La norma interviene anche sugli effetti temporali dell’accordo mediante l’introduzione di un’innovazione procedurale: la norma prevede la possibilità di chiudere accordi in parte retroattivi, che producono effetti dall’esercizio fiscale di originaria richiesta (cd roll back).

Deducibilità spese sostenute con soggetti black list

Il legislatore ha messo mano ad uno degli istituti fiscali di carattere antielusivo più discussi, la mancata deducibilità a determinate condizioni di costi per beni e servizi acquistai da soggetti residenti in paradisi fiscali ex art. 110 c. 10 e seguenti del TUIR.

Le difficoltà applicative dell’istituto in merito all’utilizzo delle cd “esimenti”, la possibilità quindi di poter dedurre ordinariamente queste categorie di costi, sono note e risalgono all’introduzione stessa dell’istituto antielusivo.

La novità ha calato nel meccanismo antielusivo il concetto di valore normale, garantendo la deducibilità “incondizionata” dei costi entro l’ammontare del valore di mercato dei beni e servizi acquistati e riservando il meccanismo di deducibilità condizionata (alla prova da parte del contribuente) alla sola parte di corrispettivo eccedente il valore di mercato.

In ogni caso per i costi eccedenti il valore normale è stata rimossa la pregressa clausola di esclusione (cd prima esimente) relativa alla dimostrazione che le imprese estere svolgono prevalentemente attività commerciale effettiva, vera e propria prova diabolica di difficile applicabilità, rimanendo in vigore l’accertamento dell’interesse economico (cd seconda esimente).

Dividendi black list

È stata modificata la tassazione di persone fisiche e giuridiche per i dividendi percepiti da società residenti in paradisi fiscali, limitando l’imponibilità integrale ai casi in cui il socio detenga la partecipazione direttamente o attraverso una partecipazione di controllo in società non black list.

La norma interviene introducendo la possibilità di fruire di un credito d’imposta per i tributi assolti all’estero nel caso di disapplicazione CFC da cd “prima esimente” (legata essenzialmente al radicamento economico della CFC nel proprio ambito operativo), eliminando l’anomalia a cui si incorreva nei casi di tassazione integrale del dividendo pagato (senza poter applicare la cd seconda esimente).

Dal punto di vista procedurale viene inserito un obbligo dichiarativo per gli utili “paradisiaci” per i quali non sia stata ottenuta la disapplicazione, quindi da tassare integralmente.

ROL e controllate estere

Novità anche per la disciplina degli interessi passivi prevista dall’articolo 96 del Tuir. Nel calcolo del ROL vengono inclusi anche i dividendi provenienti dalle società controllate estere (che non possono quindi entrare in consolidato fiscale); coerentemente viene eliminata la previsione che consente di calcolare il limite degli interessi deducibili includendo virtualmente nel consolidato nazionale anche le controllate estere (in modo da poter tener conto anche del ROL di tali società).

Consolidato fiscale

L’istituto è stato adattato ad alcune recenti sentenze della Corte di Giustizia europea. Il decreto ha previsto anzitutto la possibilità da parte di una società controllante estera, priva di stabile italiana, di designare quale consolidante una controllata residente (pur mantenendo la responsabilità sussidiaria della controllante estera designante).

Il decreto ha poi introdotto la possibilità di far rientrare nel perimetro di consolidamento anche le stabili di soggetti residenti, purché questi ultimi siano residenti in UE e presentino la forma giuridica di società di capitali.

CFC

Il decreto interviene abrogando la previsione relativa alle collegate estere (ex art. 168 del TUIR), trattandosi di fattispecie non frequente e di difficile applicazione.

Per quanto riguarda la norma dedicata alle fattispecie di controllo è stata introdotta la facoltà e non l’obbligo di presentare interpello per la disapplicazione della disciplina antielusiva; in caso di accertamento il contribuente potrà fornire le proprie evidenze durante l’azione di controllo. Il nuovo interpello facoltativo è ora sottoposto alle regole e ai tempi propri dell’interpello cd “antielusivo”, anziché come in passato alle regole del cd interpello “ordinario”.

Le partecipazioni detenute nella CFC dovranno essere segnalate in dichiarazione, pena una sanzione del 10% entro i 50 mila euro, calcolata sul reddito del soggetto estero.

Credito d’imposta estero

La norma estende il credito anche ai redditi diversi da quelli commerciali. E’ stato confermato l’allargamento del riporto dell’eccedenza di credito su tutti i redditi d’impresa (prodotti anche senza stabile all’estero).

Il concetto di imposta scomputabile si estende a tutti i tributi o imposte estere sul reddito, non solo quelle previste in via convenzionale.

Branch exemption

La norma introduce un regime opzionale in merito alla soggettività fiscale della branch estera.

L’opzione prevede di esentare da tassazione i redditi prodotti da stabili organizzazioni all’estero di soggetti fiscalmente residenti (nonché escludere la scomputabilità delle perdite fiscali prodotte).

L’opzione deve però riguardare contestualmente tutte le stabili estere (all in) ed ha efficacia rispetto alle sole branch localizzate in paesi white list (o alle branch in genere in presenza delle esimenti CFC).

Trasferimenti di sede all’estero

Il regime opzionale di sospensione dell’exit tax (cd tax deferral) applicabile ai trasferimenti di sede in altri paesi europei, si estende anche ai trasferimenti verso altro stato UE e SEE di parte (purché ramo aziendale) o tutti degli attivi di una stabile italiana di soggetto non residente.

Trasferimento di sede in Italia

Viene introdotta nel nostro sistema normativo una specifica disposizione per cui il trasferimento in Italia da paese white list comporta l’assunzione ai fini fiscali del valore normale dei beni che compongono il patrimonio trasferito.

Se il trasferimento avviene da paesi diversi, per le attività si considera il minore tra costo storico e valore normale, per le passività il maggiore tra gli stessi, salva la possibilità di condividere i valori d’entrata attraverso il novellato ruling internazionale.

Rientro cervelli

Tra le novità introdotte dal decreto una norma volta ad incentivare fiscalmente il rientro in Italia di lavoratori con qualifiche elevate, prevedendo che il reddito prodotto dai lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio italiano sia oggetto di una riduzione del 30 per cento, per tre anni, dell’imponibile. Accederanno al beneficio i soggetti non fiscalmente residenti in Italia nei 5 esercizi precedenti il rimpatrio.

Si attendono numerosi chiarimenti su diversi aspetti del decreto, che non mancheremo di segnalare e approfondire; appare comunque apprezzabile il tentativo di semplificazione apportato dalla norma.

Emiliano Lenti

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