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Holding di partecipazioni: le partecipazioni iscritte nel Circolante fuori dall’asset test

Holding di partecipazioni: le partecipazioni iscritte nel Circolante fuori dall’asset test
La Circolare Assonime n. 228 dello scorso 21 settembre ha il pregio di illustrare in modo ampio e dettagliato la normativa sulle Holding di partecipazioni disciplinata dall’art. 162bis del TUIR, inserito dall’art. 12 comma 1 lett. d) del D. Lgs. 29 novembre 2018, n. 142. in recepimento delle direttive “ATAD” (Anti Tax Avoidance Directive).

Per quanto di interesse del presente approfondimento, sin dall’emanazione dell’art. 162-bis del TUIR, tra gli interpreti era emerso il dubbio relativo alla “tipologia” delle partecipazioni da considerare sia ai fini dell’asset test sia ai fini del test per determinare la natura della holding (finanziaria o non finanziaria). Occorreva cioè chiarire se per l’effettuazione dei suddetti test assumano rilevanza solamente le partecipazioni contabilizzate in bilancio tra le immobilizzazioni o rilevino anche quelle registrate nell’attivo circolante. Nel nuovo articolo 162-bis del TUIR, in effetti, l’assunzione della qualifica di “società di partecipazione” sembrerebbe letteralmente prescindere dalla destinazione e dalla classificazione in bilancio dei titoli detenuti. Nel testo della norma, infatti, manca una “specificazione bilancistica” dell’elemento partecipativo rilevante ai fini dell’inquadramento come holding.

Ebbene, su tale punto, va rilevato che già nella Circolare Assonime n. 16 del 2019 era stato osservato che era la stessa “natura” della holding a far presupporre logicamente la rilevanza delle sole partecipazioni “immobilizzate” ai fini dell’art. 162-bis del TUIR. Per le holding, infatti, la detenzione di partecipazioni è funzionale alla realizzazione di una strategia imprenditoriale volta a contribuire nel lungo periodo all’aumento del valore delle stesse, un aumento di valore da conseguire attraverso l’esercizio del controllo, dell’influenza notevole o dei diritti derivanti dalle partecipazioni. Essendo cioè detenute per scopi prettamente “imprenditoriali” (rectius, di lungo periodo) e non meramente “speculativi” (rectius, di breve periodo), le partecipazioni effettivamente rilevanti per l’esercizio dell’attività che costituisce il core business di una holding parrebbero essere unicamente quelle contabilizzate tra le immobilizzazioni finanziarie e non quelle registrate nell’attivo circolante. Dunque, già in quell’occasione Assonime proponeva che ai fini dell’applicazione dei commi 2 e 3 dell’art. 162-bis rilevassero unicamente quelle partecipazioni che rappresentino l’essenza dell’attività esercitata, cioè quelle “immobilizzate”.

Un’ulteriore elemento che limitasse la rilevanza ai fini dell’applicazione dei commi 2 e 3 dell’art. 162-bis del TUIR alle sole partecipazioni immobilizzate, poi, poteva dirsi suffragato anche dagli ulteriori elementi patrimoniali normativamente rilevanti ai fini dell’asset test. Nell’asset test previsto dall’art. 162-bis, infatti, assumono rilievo non soltanto le partecipazioni ma anche gli altri elementi patrimoniali attestanti una connessione finanziaria “stabile” con i soggetti partecipati (ad es. finanziamenti, garanzie, etc.). Per espressa previsione normativa, dunque, ai fini della sussistenza di una società di partecipazione sembrerebbero rilevare tutti quegli elementi patrimoniali che attestano un legame “durevole” e “forte” con i soggetti partecipati, un legame che per le partecipazioni potrebbe dirsi appunto comprovato dalla contabilizzazione tra le immobilizzazioni e per gli altri elementi patrimoniali di natura finanziaria dal fatto che questi sarebbero “riservati” esclusivamente a quei soggetti le cui partecipazioni sono detenute per un investimento durevole. È verosimile, infatti, che finanziamenti e garanzie vengano prestati solamente nei confronti di quei soggetti partecipati per i quali si adotta una strategia di investimento di lungo periodo e non certo ai soggetti partecipati a titolo di mera speculazione finanziaria in quanto le relative partecipazioni sono destinate ad essere oggetto di smobilizzo nel breve termine. Nonostante manchi un’esplicita previsione riguardo alla destinazione e alla classificazione in bilancio delle partecipazioni nella norma oggetto di analisi, appariva dunque, anche a giudizio di Assonime non senza fondamento un’interpretazione che ritenesse rilevanti – sia ai fini dell’asset test sia ai fini del test per determinare la “natura” (finanziaria o industriale/commerciale) della holding – unicamente le partecipazioni contabilizzate tra le immobilizzazioni finanziarie e non anche quelle iscritte nell’attivo circolante.

Stante il silenzio della norma sul punto, la risposta ad interpello n. 266 del 19 aprile 2021 dell’Agenzia delle Entrate offre uno spunto di grande interesse. Nel suddetto documento di prassi, infatti, l’Amministrazione finanziaria ha precisato che “Con riferimento alla possibile inclusione dell’istante tra i soggetti di cui alle lettere b) e c) del citato comma 1, stante la ratio sottesa a tali disposizioni – volte a individuare le partecipazioni e gli altri elementi intercorrenti con le partecipate – le partecipazioni acquisite a fini meramente speculativi non rientrano tra quelle soggette al test di prevalenza (identificabili in quanto rilevate nell’attivo circolante). Vi rientrano, invece, quelle partecipazioni che, acquisite come immobilizzazioni finanziarie, sono state successivamente collocate nel circolante in attesa di realizzo”.

 La recente risposta fornita dall’Agenzia delle Entrate permette quindi di avvalorare la tesi già suffragata da Assonime e da altri operatori del settore secondo la quale, dell’asset test previsto dai commi 2 e 3 dell’art. 162-bis del TUIR, debbano rilevare unicamente le sole partecipazioni iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie e quelle trasferite dalle immobilizzazioni all’attivo circolante in attesa della vendita, mentre non rilevano le partecipazioni iscritte tra l’attivo circolante perché acquisite a fini meramente speculativi.

 Quanto pocanzi descritto contribuisce a fornire maggiore chiarezza circa l’applicazione di una norma che, fin dalla sua introduzione, ha suscitato ampio e lungo dibattito tra gli operatori del settore.

Tutto ciò premesso, le valutazioni da effettuarsi in sede di redazione del bilancio d’esercizio appaiono cruciali. Su tale punto, appare evidente che alcune tipologie di investimenti effettuati dalla società non siano sempre facilmente qualificabili quali assets da iscrivere nelle Immobilizzazioni finanziarie piuttosto che nel Circolante. Il riferimento è senz’altro a tutti quegli investimenti che, nonostante abbiano natura chiaramente speculativa e non attribuiscano alla società investitrice alcun controllo di diritto o di fatto sulla società target, siano comunque destinati a rappresentare, ragionevolmente, un investimento di medio-lungo periodo per la società e questo a causa del ciclo di vita della società target piuttosto che della tipologia del suo business (si pensi, a mero titolo d’esempio, all’investimento minoritario in una target che sia ancora nelle fasi di Start UP o Scale UP). In tutti questi casi, l’iscrizione nel Circolante permetterebbe sì di sterilizzare l’assets test ai fini del 162bis ma escluderebbe l’applicazione del regime PEX (ex art. 87 TUIR) sulla futura vendita aggravando in modo significativo il costo fiscale del disinvestimento

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