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Le Sezioni Unite sulla decorrenza del termine per la riassunzione del giudizio in caso di fallimento

Le Sezioni Unite sulla decorrenza del termine per la riassunzione del giudizio in caso di fallimento
Con la sentenza a Sezioni Unite n. 12154, pubblicata il 7 maggio 2021, la Suprema Corte ha fatto chiarezza sull’individuazione del dies a quo per la decorrenza del termine utile alla parte interessata, per la riassunzione del giudizio interrotto a seguito del fallimento di una parte.

La pronuncia del Supremo Collegio ha così preso una posizione definitiva su un tema molto  dibattuto, a fronte dei diversi indirizzi giurisprudenziali in precedenza formatisi sul punto (addirittura la Corte ne individua cinque), anche a causa della asimmetria tra la normativa processual-civilistica ex artt. 299 e ss. c.p.c., che disciplina le modalità tassative atte a determinare l’interruzione automatica del giudizio a causa del fallimento, ossia la dichiarazione di volontà o di scienza manifestata in udienza o notificata alle altre parti, e la previsione di cui all’art. 43 L.F., a tenore della quale l’interruzione in caso di fallimento si determina automaticamente.

Con la pronuncia in evidenza la Suprema Corte ha statuito che “in caso di apertura del fallimento, ferma l’automatica interruzione del processo (con oggetto i rapporti di diritto patrimoniale) che ne deriva ai sensi dell’art. 43, comma 3, l.f., il termine per la relativa riassunzione o prosecuzione, per evitare gli effetti di estinzione di cui all’art. 305 c.p.c. e al di fuori delle ipotesi di improcedibilità ai sensi degli artt. 52 e 93 l.f. per le domande di credito, decorre da quando la dichiarazione giudiziale dell’interruzione stessa sia portata a conoscenza di ciascuna parte”. Le Sezioni Unite hanno, quindi, indicato le modalità con le quali la predetta dichiarazione va portata a conoscenza, individuando la notificazione alle parti o al curatore ad opera di ogni altro interessato, o -e questo rappresenta sicuramente un elemento di novità- la comunicazione da parte dell’Ufficio Giudiziario. L’art. 43 L.F. viene, poi, annoverato tra le ipotesi di interruzione automatica del processo, “potendo inoltre il Giudice pronunciarla altresì d’ufficio, allorché gli risulti, in qualunque modo, l’avvenuta dichiarazione di fallimento medesima”.

È  stata, infine, affermata l’inidoneità a tal fine dell’avviso ai creditori ex art. 92 L.F., non contenente uno specifico riferimento al processo in cui era parte il fallito, a determinare l’evento interruttivo e a portare lo stesso a conoscenza dei terzi, con conseguente impossibilità di determinare la decorrenza del termine per la riassunzione del processo.

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