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Nessuna variazione IVA in caso di rinuncia al credito verso un fallimento

Nessuna variazione IVA in caso di rinuncia al credito verso un fallimento
La rinuncia unilaterale a un credito vantato nei confronti di un fallimento non consente l’esercizio della variazione IVA in quanto non è assimilabile ad alcuna delle ipotesi previste dall’articolo 26, comma 2 del d.P.R. 633/1972. La rinuncia al credito è infatti un aspetto meramente finanziario che non fa venire meno l’operazione economica originaria che ha determinato l’esercizio della rivalsa dell’imposta, mentre la sorte finanziaria del credito (ossia il mancato incasso) costituisce presupposto per la variazione dell’imposta solo in presenza di una procedura concorsuale o di un’azione esecutiva rimasta infruttuosa. È questa la posizione dell’Agenzia delle Entrate nella Risposta n. 203 del 15 ottobre 2024.

L’istante presentava un consistente credito verso un fallimento considerato senza alcuna possibilità di recupero e intendeva rinunciare allo stesso con l’obiettivo di poter recuperare l’IVA anticipatamente rispetto alla conclusione della procedura, condizione prevista dall’articolo 26, comma 2, d.P.R. 633/1972, nella versione antecedente alla modifica introdotta dall’articolo 18 del Decreto Legge 73/2021 per le procedure concorsuali avviate dal 26 maggio 2021 che ammette l’esercizio della variazione IVA già a partire dalla data di avvio della procedura, senza dover attendere l’esito infruttuoso della stessa.

Secondo l’istante, conformemente a quanto previsto dalla recente giurisprudenza di legittimità con riferimento a un caso analogo (cfr. Sent. Cass., Sez. V, n. 35518 del 19 dicembre 2023), l’esercizio della variazione IVA dovrebbe essere consentito in caso di rinuncia al credito trattandosi di fattispecie non dissimile dai casi di “nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili” previsti dall’articolo 26, comma 2, d.P.R. 633/1972. In tutti questi casi, infatti, il credito, per la parte rinunciata (compreso il credito da rivalsa IVA), non potrà essere in alcun modo soddisfatto dal cessionario insolvente e qualora la variazione IVA non fosse consentita verrebbe violato il principio della neutralità dell’imposta.

A fronte della perdita del credito da rivalsa da parte del cedente/prestatore, a seguito della rinuncia al credito, al cessionario/committente verrebbe garantita la detrazione dell’imposta, infrangendo così il binomio “rivalsa-detrazione”.

Nella risposta fornita, l’Agenzia è tuttavia di diverso avviso. A giudizio dell’Agenzia, secondo il legislatore nazionale, in conformità alla disciplina comunitaria (cfr. artt. 90 e 185, Dir. 2006/112/CE), gli eventi “simili” cui rinvia l’articolo 26, comma 2, d.P.R. 633/1972 sono solamente quelli nella sostanza riconducibili alle ipotesi di “dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione e rescissione”, per effetto delle quali l’operazione economica originaria, che ha determinato l’esercizio della rivalsa dell’imposta, viene meno in tutto o in parte, ovvero, stante una precisa previsione contrattuale (i.e. clausola attributiva della facoltà di recesso), viene meno l’operazione sottostante all’emissione della fattura.

 

Leggi la Risposta dell’Agenzia delle Entrate

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    Agenzia delle Entrate_Risposta n. 203-2024
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  • Alessandro Saini
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