Il tema in oggetto assume particolare rilevanza per tutti quei soggetti residenti in Italia, prevalentemente frontalieri, che abbiano prestato attività di lavoro dipendente in Svizzera e che, al momento del pensionamento, siano titolati a percepire tali erogazioni pensionistiche.
In occasione della procedura di “voluntary disclosure” l’Agenzia delle Entrate, con la Circ. 11 Agosto 2015 No. 30, affermava che le erogazioni del secondo pilastro potessero essere assimilate a quelle pensionistiche AVS/AI, con l’assoggettamento ad imposizione sostitutiva del 5%,indipedentemente dal fatto che fosse intervenuto nell’’incasso un intermediario residente.
La risoluzione in esame, al contrario, ha chiarito come tale beneficio sia limitato esclusivamente alle procedure di collaborazione volontaria e non tout court, dal momento che la modifica normativa introdotta nel corso del 2017 (art. 55 quinquies del DL 50/2017 che ha aggiunto il comma 1bis all’art. 76 della L.413/91), con cui è stata confermata l’equiparazione del trattamento fiscale delle rendite LPP a quello originariamente previsto per quelle AVS/AI, impone, comunque, l’intervento di un intermediario residente che applichi ai pagamenti ricevuti la ritenuta del 5% a titolo di imposta. In altri termini, viene sostenuto che gli importi erogati dagli enti previdenziali Svizzeri ed accreditati su di un conto all’estero (in ipotesi in Svizzera) dovranno essere indicati in dichiarazione ed assoggettati a tassazione separata.
Giova, tuttavia, ricordare che il pronunciamento dell’Agenzia in esame contrasta con una precedente risposta ad interpello della Direzione Regionale della Lombardia (No. 904-255/2019 del 20.02.2019) in cui si confermava l’applicazione generalizzata della ritenuta del 5% a titolo di imposta alle somme erogate sia dal “primo” che dal “secondo” pilastro con la precisazione che, nel caso di incasso all’estero senza l’intervento di intermediari residenti, la stessa potesse essere autoliquidata con la compilazione della sezione V del quadro RM del Modello Redditi.
L’orientamento più recente dell’Agenzia potrebbe porsi in contrasto con il principio fondamentale della libera circolazione dei capitali, nonché favorire un’evidente discriminazione, prevedendo un’imposizione ordinaria, fondata“…sul mero luogo di incasso del reddito e non su una differenza di capacità contributiva…”, come ben spiegato dalla Circolare No. 30/2015 dell’Agenzia delle Entrate citata.