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Profili fiscali di interesse per il collezionista di opere d’arte

Profili fiscali di interesse per il collezionista di opere d’arte

I profili fiscali delle operazioni poste in essere da un collezionista di opere d’arte, persona fisica fiscalmente residente in Italia, sono incerti e dipendono da elementi caratterizzanti le modalità con le quali il collezionista esercita la sua passione e l’animus con il quale compie le operazioni di disposizione delle stesse.

Dal punto di vista fiscale la prassi e la giurisprudenza hanno nel tempo identificato tre possibili figure di soggetto interessato dalla normativa:

  • il mercante d’arte;
  • lo speculatore occasionale;
  • il collezionista privato.

Come di seguito si avrà modo di evidenziare, l’essere inquadrato in una categoria piuttosto che in un’altra ha delle importanti ricadute tanto sotto il profilo delle imposte dirette quanto sotto quello delle indirette.

La figura del mercante d’arte si riscontra allorquando il collezionista privato eserciti abitualmente un’attività di acquisto e vendita di opere d’arte a titolo oneroso (attività d’impresa ex art. 2195 c.c.). Ai fini fiscali non rileva la forma con la quale il collezionista professa tale attività ma è sufficiente il fatto che lo stesso la eserciti nel concreto (Cass.n. 27211/2006).

Il reddito derivante dall’attività del mercante d’arte viene qualificato come reddito d’impresa ai fini delle imposte dirette (ai sensi dell’art.55 D.P.R. 22 dicembre 1986, n.917). Per quanto attiene le imposte indirette, il mercante d’arte è soggetto passivo IVA. Questo deve quindi munirsi di partita IVA ed addebitare, qualora previsto, l’IVA in rivalsa al compratore (ai sensi dell’art.4 D.P.R. 26 ottobre 1972, n.633).

Qualora non ricorra l’abitualità nell’attività del collezionista, non può essere tuttavia esclusa la tassazione del reddito generato. In determinati casi, il reddito generato (la plusvalenza) potrebbe infatti essere qualificato come reddito diverso derivante da attività commerciale non esercitata abitualmente (ai sensi dell’art.67 lett. i) D.P.R. 22 dicembre 1986, n.917). È questa la fattispecie dello speculatore occasionale.

Il profilo dello speculatore occasionale è incerto e fumoso, risultando desumibile dalla prassi dell’Agenzia delle Entrate, nonché da alcune pronunce della Suprema Corte.

Secondo la giurisprudenza, elementi sintomatici della natura commerciale dell’attività non abituale del collezionista, sono:

  • la ridotta distanza intercorrente tra l’acquisto dell’opera e la successiva cessione;
  • la rilevanza economica delle operazioni poste in essere;
  • lo svolgimento di atti intermedi tesi ad incrementare il valore del bene in vista di una sua successiva cessione (Cass. Sez. trib. 20 ottobre 2011, n. 21776);
  • il rilevante giro d’affari realizzato per il tramite delle operazioni di acquisto/cessione ( Cass. Sez. trib. 31 marzo 2008, nn. 8196, 8198, 8199 e 81200);
  • la comprovata esperienza del contribuente nel settore dei beni oggetto di cessione (Cass.Sez.trib. 20 dicembre 2006, n.27211);
  • il carattere continuativo dell’attività svolta (Cass.Sez.trib. 8 febbraio 2008, n.3039).

Si noti che i sopracitati elementi sono solamente indicativi. Ogni fattispecie deve essere singolarmente analizzata al fine di verificare eventuali profili di rilievo per le plusvalenze generate.

Lo speculatore occasionale, non è soggetto IVA.

Qualora il collezionista d’arte non sia qualificabile come mercante d’arte o speculatore occasionale, gli eventuali redditi derivanti dalla vendita di opere d’arte non rilevano ai fini delle imposte sui redditi. Le operazioni di compravendita del collezionista non mercante d’arte, qualora vengano formalizzate mediante un accordo sottoscritto da entrambe le parti, risultano imponibili ai fini dell’imposta di registro con aliquota pari al 3% del valore in atto (ai sensi dell’art.2 Tariffa D.P.R. 26 aprile 1986 n.131).

Il trattamento fiscale innanzi illustrato è stato confermato da una recente sentenza della C.T.R. Piemonte (sent. n. 1412 del 18 settembre 2018 C.T.R. Piemonte).

Si tenga, inoltre, conto che il legislatore, nel corso dei lavori alla c.d. Manovra di Bilancio 2018, ha valutato l’ipotesi di intervenire sui labili ed incerti profili dell’attività posta in essere dal collezionista. La riforma intendeva far sempre ricadere il collezionista privato nella fattispecie dello speculatore occasionale. La suddetta riforma non ha trovato per il momento applicazione.

Per quanto attiene i trasferimenti di opere d’arte a titolo gratuito, il trattamento fiscale ai fini delle imposte di donazione e successione è stabilito dal D.Lgs. 31 ottobre 1990, n.346.

Qualora le opere d’arte non siano vincolate in base a quanto stabilito dal codice dei beni culturali e vengano trasferite “inter vivos” a titolo gratuito (quindi donate), il trasferimento sconta l’imposta di donazione con aliquote proporzionali al rapporto intercorrente tra donante e donatario e relativa franchigia. Nelle donazioni la base imponibile ai sensi dell’art. 19 D.Lgs. 31 ottobre 1990, n.346 è costituita dal valore venale in comune commercio.

Nei trasferimenti mortis causa di opere d’arte non vincolate la valorizzazione ai fini dell’imposta di successione muta a seconda del luogo ove le stesse siano custodite ed in base alle risultanze di un’eventuale verifica del valore a mezzo inventario.

In merito alla localizzazione si rileva che:

  • qualora le opere d’arte siano custodite in abitazioni private, le stesse devono essere ricomprese nell’attivo ereditario per un importo pari al 10% del valore globale netto imponibile dell’asse ereditario;
  • qualora, invece, siano custodite in caveaux, depositi, etc, le opere vengono computate nell’attivo ereditario con attribuzione di un valore pari al valore venale in comune commercio alla data di apertura della successione (Art.19 T.U.S. – Altri beni).

Qualora la collezione sia riposta in abitazioni private e le opere in essa incluse abbiano un valore di mercato di scarso rilievo, è possibile per gli eredi dichiarare in successione un valore inferiore (si veda anche Cass. civ. Sez. V, 08-05-2000, n. 5773) al 10% del valore globale netto dell’asse ereditario, effettuando un inventario analitico redatto a norma degli artt. 769 ss. c.p.c. (si veda anche Cass. civ. Sez. V, 08-05-2000, n. 5773).

 

 

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