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Scissione parziale asimmetrica tra Società Semplici: non c’è abuso del diritto ed è fiscalmente irrilevante.

Scissione parziale asimmetrica tra Società Semplici: non c’è abuso del diritto ed è fiscalmente irrilevante.
L’Agenzia delle Entrate, con la risposta pubblica ad un interpello (91/2018 del 4 dicembre 2018), ha chiarito gli eventuali dubbi in merito ad abusività e rilevanza fiscale di un’operazione di scissione parziale asimmetrica di una società semplice in favore di una neocostituita società semplice.

La fattispecie in esame è rappresentata da una società semplice con 5 soci aventi rispettivamente una quota pari al 20%, appartenenti a due famiglie distinte ed un patrimonio costituito da asset immobiliari. A causa di divergenze insorte tra le due famiglie in merito alla gestione societaria, è stata proposta la scissione della società. La società immobiliare, grazie a quanto previsto dall’art.1 commi 115-120 della legge 208/2015, era stata in precedenza trasformata da S.r.l. in società semplice.

L’Amministrazione finanziaria ha in primis chiarito che non vi è abuso del diritto ex art. 10-bis “Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale” dello Statuto del contribuente (L. 27 luglio 2000, n. 212), perché l’operazione:

  1. non è priva di sostanza economica, atteso che consente la divisione della società tra due gruppi famigliari (art.10-bis co.2 lett. a) L.212/2000);
  2. non è finalizzata alla realizzazione di un vantaggio fiscale indebito, in quanto operazione che non presenta profili di rilievo fiscale, come meglio si preciserà di seguito (art.10-bis co.2 lett. b) L.212/2000);
  3. è giustificata da valide ragioni extrafiscali, trovando un valido motivo nella volontà delle due famiglie di autogestire la loro quota parte di patrimonio immobiliare, entrambe con loro società semplici interamente partecipate (art.10-bis co.3 L.212/2000).

Per quanto attiene i profili legali e fiscali dell’operazione di scissione parziale asimmetrica di società semplice, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che:

  • civilisticamente l’operazione è espressamente prevista dal Legislatore per effetto del richiamo dell’art. 2506-ter, co.5 del c.c. all’art. 2502-bis c.c.;
  • fiscalmente:
    • per quanto attiene le imposte dirette, facendo seguito a quanto precisato dalla stessa Agenzia delle Entrate con la risoluzione 9 aprile 2009, n. 102/E, alla scissione di società semplice non risultano applicabili le disposizioni di cui all’art.173 T.U.I.R. in tema di neutralità fiscale. Il fondamento di tale affermazione si fonda sul fatto che la società semplice, non potendo esercitare un’attività commerciale ex art.2195 c.c., non può conseguire reddito d’impresa ex art.55 T.U.I.R. Tuttavia, trattandosi di trasferimento di asset da una società semplice ad un’altra, la scissione di società semplice non è in grado di dare luogo a redditi diversi di cui all’art.67 T.U.I.R. L’operazione quindi, è fiscalmente irrilevante ai fini delle imposte dirette. In relazione al concambio in capo ai soci delle partecipazioni originarie nella società semplice con le partecipazioni nella beneficiaria, nel caso in cui siano previsti ristori, in denaro o in natura (tra i soci concambianti), gli stessi hanno rilevanza impositiva ai fini IRPEF. Inoltre, al fine di evitare un’eventuale salto d’imposta, la società semplice beneficiaria assumerà, quale valore fiscale dell’asset ricevuto in sede di scissione, il valore fiscalmente riconosciuto che lo stesso aveva in capo alla scindenda ante scissione; del pari, ogni socio della società beneficiaria assumerà quale valore fiscale della partecipazione concambiata il valore fiscalmente riconosciuto della quota, da esso detenuta, prima della scissione;
    • in merito alle imposte indirette, alla registrazione dell’atto saranno dovute imposta di registro ed imposte ipotecarie-catastali, tutte nella misura fissa di 200 €.

 

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