Nello specifico, il documento prevede che lo status di lavoratore frontaliero possa essere mantenuto anche quando l’attività di lavoro subordinato sia svolta, con un limite del 25% del tempo lavorato per anno civile, nel Paese di residenza.
Il principio è applicabile sia ai c.d. “vecchi frontalieri”, ovverosia coloro i quali godono del beneficio di una tassazione esclusiva nel Paese ove l’attività di lavoro dipendente è svolta, sia ai c.d. “nuovi frontalieri” i quali sono sottoposti ad una tassazione dei salari concorrente tra i due Stati, secondo le previsioni di cui, rispettivamente all’art. 9 ed all’art. 3 dell’Accordo tra Italia e Svizzera del 23 dicembre 2020.
La disciplina in esame ha avuto una genesi, invero, travagliata dal momento che per l’anno 2023 il limite massimo di telelavoro era stato fissato al 40% del tempo di lavoro complessivo, inizialmente per il solo periodo 1° febbraio 2023 – 30 giugno 2023 (art. 12, commi 1 e 2 L.83/2023) poi esteso fino al 31 dicembre 2023 (art. 24, comma 5ter, DL 75/2023), per i soli lavoratori che al 31 marzo 2022 svolgevano già la propria attività in modalità di telelavoro.
Con il Protocollo di modifica all’Accordo 20 dicembre 2020 in esame (Accordo 2024), i giorni di lavoro svolti nello Stato di residenza in modalità di telelavoro sono stati fissati, come anticipato, al 25% del tempo di lavoro complessivo nel corso dell’anno civile, con un’evidente penalizzazione rispetto al regime previgente fino al 31 dicembre 2023, ma soprattutto rispetto alle previsioni di cui agli accordi tra Svizzera e Francia in virtù delle quali il limite è rimasto al 40%.