La Risposta riguarda un caso specifico: donazione l’85% del capitale sociale di una società in accomandita per azioni di diritto lussemburghese, laddove tuttavia rimane agli accomandatari l’1% del capitale sociale, che pertanto consente il potere di nomina dell’organo amministrativo. L’Agenzia deduce che, anche dopo il trasferimento della quota di controllo della società in questione, dai genitori ai figli, questi ultimi non possono essere considerati quali soci di controllo in quanto sono i soci accomandatari che «continueranno a ricoprire […] il ruolo di soci di controllo della società».
Ricordiamo che l’art. 3, comma 4-ter, del D.Lgs. n. 346/1990, finalizzato ad agevolare i passaggi generazionali delle aziende di famiglia, consente, a certe condizioni, l’esenzione dalle imposte di donazione e successione.
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Per il Fisco non basta accertare che si abbia un formale trasferimento a titolo gratuito di una quota di partecipazione che consente di ottenere il controllo di una società di capitali, ma occorre indagare la “sostanza” del trasferimento. Dunque, sarà necessario verificare se: (i) vi sia «azienda di famiglia» intesa «quale realtà imprenditoriale produttiva» (pertanto, si tratta di andare a verificare la realtà concreta sottostante alla titolarità del capitale sociale); (ii) il trasferimento attribuisca ai donatari «il potere di influire in modo diretto e immediato sull’attività sociale, indirizzandone la gestione e le decisioni aziendali».
In tema è utile ricordare la posizione adottata dall’Agenzia durante “Telefisco 2023” laddove è stato precisato che nel caso di trasferimento della partecipazione di controllo in un Trust occorre che la verifica dei requisiti agevolativi sia effettuata “in uscita” ovvero quando si verifica attribuzione stabile ai beneficiari del Trust.