Apparentemente, a parere delle autorità italiane, in simili circostanze non sarebbe presente il cd. vincolo di subordinazione tra il frontaliere, lavoratore dipendente nella società svizzera, e la società medesima, essendone egli il titolare/gerente: le Sagl (come anche le SA), sempre a loro modo di vedere, costituirebbero, quindi, un mero strumento finalizzato a ottenere un risparmio d’imposta.
Secondo la ricostruzione italiana, andrebbe disconosciuto, quindi, a questi contribuenti lo status di frontaliere fiscale (con i benefici fiscali noti ai più, specie se rientranti nella categoria dei “vecchi frontalieri”), riqualificando la loro attività come attività indipendentemente o, in alcuni casi, di amministratori. Con la riqualifica, non troverebbe più applicazione l’Accordo sul trattamento fiscale dei lavoratori frontalieri nei rapporti italo-svizzeri, bensì le ordinarie norme convenzionali.
Cambierebbero, quindi, sia il luogo di imposizione dei redditi (in precedenza tassati esclusivamente in Svizzera) sia la modalità di imposizione. Con un simile cambio, l’Italia si troverebbe a poter esercitare il proprio diritto di imporre, riqualificando il reddito del lavoratore (da dipendente in autonomo/amministratore), applicandovi le norme interne italiane, che prevedono un carico d’imposta notevolmente maggiore.
Tali pretese varrebbero non solo per il periodo fiscale in corso, ma anche per quelli addietro, oltre a sanzioni e, relativi interessi. Eppure, questa prassi di lavoratori dipendenti frontalieri, titolari di una Sagl in Svizzera, non è certo una novità ed esiste da anni. E, oltre a non essere una novità, è legata al necessario rispetto di requisiti previsti per l’esercizio di alcune professioni da leggi interne svizzere.
Nonostante l’opinabile ricostruzione giuridica seguita dalle autorità italiane, l’attività accertativa sta proseguendo, lasciando i contribuenti nell’incertezza sul da farsi.
La posizione Italiana è stata recentemente ribadita nella risposta ad interrogazione parlamentare del 15 ottobre 2024 – Leggi QUI – dove si apprende che non si ha intenzione di avviare un dialogo con le autorità svizzere, bensì di perseguire nell’attività di accertamento e verifica.
Ciò implica, per i contribuenti interessati, la necessità di valutare attentamente la propria posizione, ed eventualmente, la propria strategia difensiva, approcciando una tematica complessa, innestata sull’applicazione di norme internazionali tra due Paesi in cui il dialogo non lineare rappresenta un ulteriore ostacolo da superare.