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Trasferimenti di partecipazioni in favore di coniuge e discendenti: nessuna agevolazione senza impresa

Trasferimenti di partecipazioni in favore di coniuge e discendenti: nessuna agevolazione senza impresa
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6082 del 28 febbraio, ha espresso la propria posizione sulla spettanza dell’esenzione prevista dall’articolo 3, comma 4-ter, del TUS per il trasferimento di partecipazioni in società di capitali che soddisfano il requisito del trasferimento del controllo. 

L’interpretazione fornita dal Supremo consesso prende le mosse da una ricostruzione storica della norma agevolativa che affonda le sue radici nelle raccomandazioni della Commissione UE (nn. 94/1069/CE del 1994, e 98/C 93/02 del 1998) che invitavano gli Stati UE ad introdurre disposizioni finalizzate a salvaguardare il going concern delle aziende. Lo scopo era quello di evitare fenomeni disgregativi (cessione di quote o di asset aziendali) delle aziende donate o cadute in successione conseguenti alla necessità, per gli eredi, di dotarsi della provvista necessaria per assolvere agli obblighi tributari donativi o successori. 

I Giudici, analizzando dunque la ratio legis della norma, giungono alla conclusione che per poter beneficiare dell’esenzione fiscale nel caso di trasferimento di quote di società di capitali, è necessario soddisfare non solo il requisito dell’acquisizione e detenzione del controllo per almeno cinque anni, ma anche che la società in questione eserciti un’attività d’impresa. 

Invero, le fattispecie agevolate dall’art. 3, comma 4-ter, del TUS consistono (i) nel trasferimento di aziende o rami di esse, ovvero (ii) nel trasferimento di quote sociali o di azioni, con la precisazione che, nel caso di società di capitali, il trasferimento deve essere idoneo a consentire l’acquisizione o l’integrazione del controllo ai sensi dell’art. 2359, comma 1, n. 1 del Codice civile.  

In tale secondo caso, a ben vedere, il Legislatore non prevede alcun requisito oggettivo espresso inerente all’esercizio di un’attività d’impresa da parte della società le cui partecipazioni sono oggetto di trasferimento. Tale “omissione” rappresenterebbe, per i Giudici, una mera “improprietà lessicale nella stesura della disposizione normativa”.  

L’interpretazione restrittiva avvallata dal Supremo consesso dovrà necessariamente essere declinata in relazione ad una moltitudine di casi nei quali potrebbe non essere sempre agevole individuare o escludere l’esistenza di un’azienda.  

Sembrano perdere appeal, nell’ambito della pianificazione successoria, le società semplici di “mera gestione”. Società che per espressa previsione legislativa non possono svolgere attività d’impresa.  

Di converso, per quanto riguarda il trasferimento generazionale dei patrimoni anche non d’impresa, il Trust si consolida come lo strumento più efficace sotto diverse prospettive. Anche alla luce del quadro di maggiore certezza del diritto offerto dalla Circolare n. 34/E/2022. 

  • Ivan Mastrototaro
  • Giovanna Mazza
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