L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta n. 239/E del 15 settembre 2025, chiarisce che un trust di diritto statunitense formatosi al decesso del disponente non è fiscalmente interposto nei confronti dei beneficiari individuati residenti in Italia e deve essere trattato, ai fini italiani, come trasparente, anche se per il diritto USA è un non‑grantor trust opaco.
Il caso in analisi era il seguente: un cittadino americano aveva istituito in California un trust nel quale ricopriva inizialmente il duplice ruolo di disponente e primo trustee, oltre a essere indicato come primo beneficiario, con potere di revoca e modifica fino al decesso. In vita, il trust era qualificato negli Stati Uniti come grantor trust e i relativi redditi venivano dichiarati dal disponente. Alla morte di quest’ultimo, l’assetto si è consolidato in non‑grantor trust irrevocabile e immodificabile, con nomina di un nuovo trustee non residente in Italia, individuato anche tra i beneficiari finali. L’atto prevede che alla chiusura del trust il patrimonio residuo sia distribuito secondo percentuali già determinate; gli istanti, residenti in Italia, sono indicati nominativamente tra i beneficiari finali dell’84% complessivo (in parti uguali). Secondo la normativa statunitense, il trust è soggetto a imposizione in capo a sé stesso.
L’Agenzia evidenzia che, dopo la morte del disponente, gli istanti non hanno poteri di influenza sulla gestione; il trustee dispone di ampi poteri e può essere revocato o sostituito solo dal tribunale. Ne deriva che il trust non si può considerare interposto rispetto ai beneficiari ai fini fiscali italiani. A diverse conclusioni giunge però l’Agenzia in merito alla trasparenza fiscale del trust.
Occorre rilevare, infatti, come il discrimine tra trust opaco e trasparente è la presenza di un beneficiario individuato ai sensi dell’art. 73, comma 2, TUIR. È tale il soggetto che esprime «una capacità contributiva attuale», cioè che è «titolare del diritto di pretendere dal trustee il pagamento della parte di reddito che gli viene imputata». Nel caso esaminato, l’atto istitutivo individua nominativamente gli istanti e stabilisce quote e criteri di riparto del reddito/patrimonio residuo; al trustee è attribuito soltanto un potere di differimento delle attribuzioni. Per l’Agenzia, da ciò «non emerge alcuna discrezionalità del trustee in merito all’an delle distribuzioni e neanche al quantum», sicché «esiste un vero e proprio diritto dei beneficiari alle distribuzioni». Di conseguenza, il trust sarebbe, secondo l’Agenzia, qualificabile come trasparente ai sensi dell’ordinamento fiscale italiano, con applicazione dell’art. 73, comma 2, TUIR.
Non si può non rilevare come nel caso di specie, stante il potere discrezionale del Trustee di differire l’attribuzione ai beneficiari, sembra mancare quella «capacità contributiva attuale» che è condizione per l’applicazione della trasparenza fiscale del trust. Nello scenario descritto, infatti, i beneficiari non sembrano avere un diritto immediato di pretendere l’assegnazione ma una mera aspettativa legittima, mediata dal potere di differimento del trustee, che sembrerebbe così escludere l’“attualità” della capacità contributiva dei beneficiari.